Missioni Consolata - Gennaio/Febbraio 2017

GENNAIO/FEBBRAIO2017 MC 59 unisse al gruppo. Durante il pro- cesso ha detto al giudice che non voleva andare in Siria ma che “loro hanno ragione”. Sua moglie indossava il neqab , il velo nero in- tegrale che copre anche il volto, anche quando andava a trovarlo in carcere. Dal punto di vista ideologico era uno di loro. È stato condannato a due anni di car- cere, come è previsto dalla legge». In Marocco i salafiti sono tenuti d’occhio, dunque. «Sì. Dopo gli attentati del 2003 sono molto controllati. La polizia fa retate periodiche. Qui a Fez i salafiti hanno aperto una scuola coranica dove offrono scolarizza- zione, ma anche propaganda. Per fortuna, con i giovani marocchini il loro proselitismo non ha suc- cesso: i ragazzi vanno su internet, sono informati, amano certe cose e non è facile manipolarli con idee che li farebbero tornare in- dietro di mille anni. Gli stessi figli di questi salafiti o dei jihadisti non condividono le visioni dei padri, come è avve- nuto per i ragazzi di Ahmad: non lo seguivano nei suoi discorsi. Di- cevano che il padre aveva la testa troppo chiusa. Un altro elemento importante è che il nostro Re ha sempre lottato contro questa dottrina». Interpretazioni atemporali e astoriche: l’islam-fai-da-te Lei considera il salafismo wahhabita una dottrina de- viata? «Il salafismo ha introdotto molte novità, bid‘a , proibite nell’islam. Un tempo esisteva la dialettica, animata dalla filosofia. Poi, a un certo punto della storia del mondo islamico, questa è stata ri- tenuta pericolosa. La ragione, la logica, sono morte, e ha prevalso Le «murshidat», predicatrici islamiche (che non sono imam) D a oltre dieci anni, il governo del Ma- rocco forma le murshidat , predicatrici, donne laureate, per insegnare e tenere conferenze nelle moschee e nei centri islamici del Regno e all’estero. Tra queste ci sono teologhe islamiche con dottorati in univer- sità prestigiose. «Il nostro compito è insegnare i principi islamici - ci spiegano - come la compas- sione, la tolleranza, la pace, e tenere lontani dal fondamentalismo». Periodicamente, alcune di loro sono inviate nei paesi europei dove vivono molte donne musul- mane immigrate, per aiutarle nei vari ambiti della religione e della vita quotidiana. Le murshidad lavorano anche per diffondere l’i- struzione, l’educazione e aiutare le donne ad alle- vare i propri figli. Esse rappresentano un aspetto della svolta al «femminile», iniziata nel 2004 con la riforma del codice di famiglia maroc- chino, la moudawana , che ha portato all’introduzione di più diritti e tu- tele nei confronti delle donne. Tali figure rappresentano un in- sieme di «religiose» e «assistenti sociali», e dipendono dal mini- stero marocchino degli Affari islamici. Hanno un livello cultu- rale e accademico elevato. Si oc- cupano di islam, ma anche di pro- blemi sociali e psicologici. Prima di iniziare a svolgere il loro compito, si preparano per un anno in centri ad hoc ( si veda l’articolo ) e, una volta diplomate, sono inviate nelle varie regioni del Marocco a predicare un islammoderato e rispettoso dei diritti civili e femminili. Il curriculum delle predicatrici annovera un’am- pia cultura generale - storia, religione, geografia, sociologia, psicologia, management, legge, co- dice di famiglia, lingua araba - e la conoscenza di almeno metà del Corano, studiato a memoria. Le murshidat sostengono le varie attività nelle moschee e affiancano gli imam. Ma l’obiettivo privilegiato, sottolineano, è il sostegno alle donne, alle giovani generazioni, alle famiglie. Sono tutte concordi sul fatto che il Corano e il profeta Muhammad abbiano garantito rispetto e diritti alle donne, ma che i musulmani, nel corso dei secoli, se ne siano dimenticati e che il testo sacro islamico sia stato spesso «frainteso». Una delle loro missioni fondamentali è quella di educare a una fede non politica o ideologica, lontano da- gli eccessi radicali. Infatti, dopo gli attentati terroristici a Casablanca, nel 2003, il governo marocchino pensò che fosse importante e ne- cessario promuovere una visione della religione tol- lerante e non aggressiva per combattere le ten- denze estremiste. È bene chiarire, tuttavia, che le murshidat non sono delle «imam al femminile», in quanto a loro non è per- messo guidare la preghiera in moschea. Angela Lano MC A

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