Missioni Consolata - Gennaio/Febbraio 2017

58 MC GENNAIO/FEBBRAIO2017 C ominciamo il nostro viaggio nell’islam con- temporaneo dal Ma- rocco. Negli ultimi anni, il paese nordafricano ha cono- sciuto attentati - Casablanca nel 2003, e Marrakech nel 2011 -, e il recrutamento di terroristi. Recen- temente circa 400 suoi cittadini si sono uniti al Daesh per combat- tere in Siria. Molti di questi appartengono a classi medie, benestanti ma scar- samente istruite. Avevano ini- ziato a frequentare moschee e centri islamici di orientamento salafita, che hanno modificato la loro visione della vita, della reli- gione e i loro comportamenti sia in famiglia sia in società. In Marocco, come in altre regioni del Nordafrica e dell’Africa sub- sahariana, il salafismo wahha- bita 1 , sponsorizzato da Ong sau- dite e kuwaitiane, si sta diffon- dendo, grazie a ingenti capitali, strutture e predicatori indottri- nati in Arabia Saudita. Il regno del Marocco, che segue il sufismo 2 della confraternita tija- niyya 3 , contrasta questo feno- meno con centri islamici e istitu- zioni controllate dal governo e in- dirizzate verso l’islam ortodosso lontano dagli estremismi salafiti. Polizia e intelligence fanno il re- sto, non perdendo di vista gli esaltati. La resistenza del Marocco Medina di Fez, agosto del 2016. Incontriamo Mohammad Boukili, docente e studioso marocchino, laureato in filosofia islamica. Prof. Boukili, lei ha conosciuto personalmente alcune delle persone che si sono unite al Daesh? «Sì, alcune erano conoscenti di lunga data. Quattrocento jihadisti è un numero importante, ma non è così grande come in altri paesi. Si tratta di individui con scarsa istruzione, hanno seguito le pre- dicazioni dei seguaci del Daesh, che a loro volta vengono indottri- nati da persone più competenti e sostenute economicamente. In molti casi non si tratta di po- veri: quelli che conoscevo ave- vano ereditato beni, case; erano sposati. Erano poveri a livello cul- turale, questo sì. Ricordo uno in particolare (chiamiamolo Ah- mad), perché la sua visione ideo- logica emergeva anche nelle di- scussioni in famiglia. Odiava il su- fismo e, qui in Marocco, la mag- gior parte della popolazione se- gue questa dottrina, anche se da qualche anno in parlamento siede come partito di maggio- ranza “Giustizia e Sviluppo” 4 , ideologicamente vicino alla Fra- tellanza musulmana , quindi a un islam più politico. Il mio conoscente che si è unito al Daesh aveva iniziato a imporre alla sua famiglia, a sua madre, at- teggiamenti e scelte che non fa- cevano parte della tradizione fa- miliare e locale. Alla vecchia mamma ha strappato via il rosa- rio islamico con cui ella pregava e l’ha costretta a non frequentare più la zawiya 5 , in quanto luogo di kufr , miscredenza. Per i salafiti, il sufismo è, appunto, una forma di miscredenza e va perseguitato. Prima della “conversione” radi- cale, Ahmad era molto occidenta- lizzato, beveva vino… Dopo es- sersi sposato, aveva deciso di farsi crescere la barba, aveva cambiato modo di discutere. Aveva iniziato a citare Ibn Tay- miyya 6 . Quando parlava con me recitava frasi per le quali sarebbe stato necessario riflettere accura- tamente. Ognuna aveva un certo peso, invece lui le lasciava uscire così, con leggerezza. La situazione è andata peggiorando, finché è partito per la Siria. È rimasto coinvolto in questo giro di fanatismo anche un nipote di Ahmad, figlio del fratello: rice- veva foto dello zio, dalla Siria, sul suo cellulare, e i servizi di intelli- gence , che evidentemente con- trollavano tutta la famiglia e i pa- renti, lo hanno arrestato in quanto simpatizzante; probabil- mente l’hanno preso prima che si Sopra : il prof. Mohammad Boukili, den- tro un’antica scuola coranica, a Fez. A destra : donne a passeggio nei giardini Jnan Sbi, a Fez. # ISLAM

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