Missioni Consolata - Luglio 2014

CENTRAFRICA «I l problema del mio paese è la classe dirigente che non sta assolutamente dimostrando di es- sere impegnata, né è interessata a trovare una soluzione seria a ciò che sta accadendo. L’attuale ge- nerazione politica non è all’altezza del proprio com- pito e sta calpestando i nostri diritti». Così denuncia l’artista centrafricano Bibi Tanga, nato nel 1969 a Bangui, poi trasferitosi in Francia con la fa- miglia dopo aver girato mezzo mondo. Cresciuto nella periferia parigina, ha sviluppato una doppia cultura, conservando le proprie radici nella terra d’origine, la Repubblica Centrafricana. «La maggior parte dei miei familiari - ci racconta - vive ancora laggiù. In questa situazione così instabile e tormentata i miei rapporti con loro sono quotidiani. Cerco di sentire te- lefonicamente i miei parenti ogni giorno». Preoccupa- zione comprensibile, considerata l’involuzione poli- tico-sociale che sta attraversando questa nazione, da quando, nel marzo 2013, il presidente François Bozize è stato costretto a lasciare il paese per l’incapacità di arginare gli scontri del gruppo ribelle chiamato Se- leka. C ompositore, bassista, interprete eclettico ed estroso, Bibi Tanga ha vissuto in Russia, negli Stati Uniti e in Belgio, seguendo il padre diplo- matico e funzionario della Repubblica Centrafricana. La passione per la musica si è rivelata in lui molto presto. Non ancora adolescente, Bibi Tanga ha impa- rato il solfeggio, dedicandosi poi allo studio del basso, ed è in Francia che ha iniziato la sua formazione mu- sicale, ascoltando in particolare Jacques Brel, Curtis Mayfield, James Brown e Bob Marley. Il suo sguardo artistico spazia quindi dal soul al reggae, dal funk alla chanson française , ma il richiamo dei suoni della Ma- dre Africa lo hanno ridestato. Si è avvicinato alla mu- sica di Fela Kuti col suo irresistibile e politicamente impegnato afrobeat: una scoperta artistica che per Bibi Tanga diventa una rivelazione sorprendente. At- tingendo a tutte queste influenze, l’artista centrafri- cano ha pubblicato nel 2000 il suo primo album dal ti- tolo Le vent qui soufflé , cui seguono Yellow Gauze (2006), Dunya (2009) e 40° Of Sunshine (2012). Dischi pieni di contaminazioni e di fusioni, come lui stesso sottolinea: «La mia è una “musica senza frontiere”. Una definizione, questa, che mi piace. In fondo, tutta l’arte in generale vede l’incontro di molteplici in- fluenze. Non ci sono solo i ritmi africani nei miei la- vori, ma molto altro». I n questo «altro» ritroviamo riferimenti sia alla vita di tutti i giorni, sia alla situazione politico econo- mica dell’Africa. Ritroviamo anche una mesco- lanza di lingue - francese, inglese, sango - come pure il forte attaccamento alla terra che gli ha dato i natali. «Il legame che nutro verso il mio paese è ancora più intenso, considerato il dramma che sta vivendo. Ho voluto mantenere la nazionalità centrafricana, tal- mente è forte l’affetto che provo per la mia città d’ori- gine. Bangui è stata sfigurata, distrutta dai recenti avvenimenti – spiega con inquietudine l’artista – e la situazione continua a essere catastrofica. I civili ven- gono massacrati, anche in altre zone del paese. Ma non voglio cadere nella disperazione. È necessario pensare alla ricostruzione e a una soluzione. Con la mia musica cerco di parlare di pace anche ai miei con- nazionali. Per esempio, nel mio ultimo album intito- lato Now ho inserito la canzone Ala Za ï che nella mia lingua materna, il sango, significa proprio pace». E di pace ne avrebbe davvero bisogno la Repubblica Centraficana, la cui storia, sin dall’indipendenza avve- nuta nel 1960, è sempre stata tormentata da colpi di stato e regimi dispotici. Anche se Bibi Tanga non è stato contrario all’intervento francese in Centrafrica nel dicembre 2013, l’artista attraverso la sua musica deplora l’uso delle armi. Nel brano « Ngombe », can- tato sempre in sango e inserito nel nuovo album Now , denuncia chi utilizza il fucile per avere ragione, per dimostrarsi il più forte, per avere il diritto di parlare. «Cantare nella mia madrelingua è un modo per sen- tirmi vicino ai miei familiari, ai miei connazionali e alla mia terra d’origine, per la quale sogno un futuro senza più massacri, senza più bagni di sangue. Spero che la mia musica possa cambiare le coscienze». Silvia C. Turrin © Archivio Bibi Tanga Incontro con il musicista Bibi Tanga Note di pace

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