Missioni Consolata - Giugno 2014

MC ARTICOLI GIUGNO 2014 MC 29 L’alterco tra Cina e Giappone (Taiwan, dopo un iniziale protesta si è defilata dal diverbio perché non ha argomenti che appoggino le sue richieste), è sfociato in un confronto militare ed economico che ha coinvolto la recente storia coloniale e i rispettivi movimenti nazionalisti. Le proteste popolari che si sono scatenate nelle città cinesi hanno convinto aziende come la Panaso- nic, la Honda, la Toyota e la Ca- non a sospendere temporanea- mente la produzione nei loro sta- bilimenti cinesi e causando una contrazione degli investimenti giapponesi. La questione Senkaku ha per- messo al governo di Shinzo Abe di aprire la porta per un possibile cambio degli articoli costituzio- nali che impediscono al Giappone di intervenire militarmente al di fuori del proprio territorio. Nel 2013, per la prima volta in undici anni, il budget militare del Giap- pone ha avuto un incremento dello 0,8% rispetto all’anno pre- cedente, raggiungendo una spesa di 51,7 miliardi di dollari. A que- sto va a sommarsi il più cospicuo aumento (1,8%) concesso alla Guardia costiera. Aspirazioni e flotte militari I contenziosi nel Mar Cinese sono anche una scuola di diplomazia per le inesperte classi politiche asiatiche. Sapendo che singolar- mente gli stati coinvolti non riu- sciranno a spuntarla con il co- losso cinese, tutti gli incontri con le delegazioni cinesi vengono svolti tramite l’Asean, l’Associa- zione delle Nazioni del Sud Est Asiatico. Pechino ha sempre cercato di ri- solvere la questione territoriale tramite incontri bilaterali. È per questo motivo che la richiesta di arbitrato internazionale presen- tata nel gennaio 2013 al tribunale de L’Aia dalle Filippine ha colto di sorpresa la dirigenza cinese, che ha reagito con irritazione anche all’incontro, avvenuto a Manila nel febbraio 2014, tra esperti di questioni marittime di Vietnam, Malesia e Filippine per preparare un piano comune contro la Cina. Tutto questo sommovimento po- litico e diplomatico porta anche ad un aumento esponenziale delle spese militari in tutta la re- gione. Nel maggio 2013 il Giappone ha venduto 10 navi di pattuglia alla Guardia costiera filippina per 110 milioni di dollari mentre - se- condo il Sipri ( Stockholm Interna- tional Peace Research Institute ) - il Vietnam ha aumentato il pro- prio budget militare del 70% dal 2011, e la Cina, dal 2003, del 175%. Sono proprio le forze armate di Pechino, e in particolare la ma- rina, a sfruttare a proprio vantag- gio la delicata situazione creatasi nel Mar Cinese. Una politica, quella dell’ampliamento dell’in- fluenza marittima della Repub- blica Popolare, nata già negli anni Ottanta sotto la guida di Liu Hu- qing, comandante della marina militare dal 1982 al 1988. Liu, che si era formato in Unione Sovie- tica, aveva sviluppato la strategia della doppia linea di difesa: la de- bole marina cinese degli anni Ot- tanta si sarebbe limitata a proteg- gere le coste nazionali per poi spostare il proprio fronte marit- timo lungo la prima catena di isole (la fase attuale che vede l’assestarsi della flotta nel Mar Ci- nese). L’ultimo gradino nella scala di potenziamento sarebbe il pros- simo passo: spostare la linea di difesa della flotta oltre le Filip- pine per contrastare l’egemonia statunitense. Il potenziamento e la moderniz- zazione delle unità navali cinesi servirà anche a controllare la ma- rina Usa dopo la doppia umilia- zione del dicembre 1995 e del marzo 1996, quando a Washing- ton bastò l’invio di due portaerei, la Nimitz e la Independence , per dissuadere Pechino dal conti- nuare a rivendicare le acque terri- toriali ai danni di Taiwan. Da quell’offesa i generali cinesi hanno tratto lezione e, dopo aver varato quattro nuove classi di sottomarini e sei nuove classi di incursori, nel settembre 2012 è stata inaugurata la Liaoning , la prima portaerei della flotta a cui ne seguirà una seconda da 50- 60.000 tonnellate entro il 2015 e, nel 2020, una terza a propulsione nucleare. Ma una marina forte serve a poco se non si ha la strada aperta per entrare nelle zone strategica- mente nevralgiche per il controllo del Pacifico. E la Cina, attual- mente, ha solo due porti adatti ad ospitare con sufficiente coper- tura la propria flotta e permet- tere, al contempo, l’accesso im- mediato al mare aperto: la base di Xiaopingdao, nel Mar Giallo, e l’isola di Hainan. Le isole Paracel saranno dunque indispensabili per proteggere la base di Hainan, mentre le isole Spratly faranno da sentinella e protezione per l’accesso della flotta all’oceano Pacifico. Piergiorgio Pescali © PetroVietnam

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