Missioni Consolata - Dicembre 2013

48 MC DICEMBRE 2013 OSSIER «N el luglio del 1994 mio figlio Arik è stato rapito e poi ucciso da Hamas. Da allora lo scopo della mia vita è portare la ri- conciliazione e la pace tra israeliani e palestinesi». Yitzhak Frankenthal è un ebreo ortodosso, uno da cui, stando a come vanno le cose in Israele, non ti aspetteresti grandi aperture nei confronti dei pale- stinesi. Eppure dopo la morte del figlio durante il servizio militare abbandonò il lavoro alla ricerca di risposte alla sua tragedia, risposte che nessuno pa- reva in grado di dare: «Mio figlio è morto perché non c’è pace nella nostra terra. Cos’è che ci spinge in con- tinuazione l’uno contro l’altro? Cosa devo fare per fermare questa spirale di violenza?». FAMIGLIE IN LUTTO PER LA PACE Quando iniziò a parlare con gli amici dell’intenzione d’impegnarsi per una riconciliazione tra i due popoli si ritrovò solo. «Non riuscivano a capacitarsi che io volessi mettermi a lavorare per la pace e la riconci- liazione con chi aveva ucciso mio figlio. Il mio primo passo fu una lettera inviata al primo ministro Yitzhak Rabin, a Shimon Peres e a Ehud Barak: li in- coraggiavo a continuare la ricerca di una soluzione pacifica al conflitto. Rabin venne a trovarci a casa, diventammo amici» 1 . Erano tempi in cui le speranze suscitate dagli Accordi di Oslo venivano erose da una realtà fatta di attentati, rappresaglie, morte. Nel corso del 1995 l’Associazione israeliana dei pa- renti delle vittime del terrorismo palestinese prote- stò fortemente contro gli sforzi di dialogo politico. Come lo stesso Frankenthal racconta: «Mi recai da Rabin e gli dissi che quella gente non parlava a mio nome». Così decise di inviare una lettera a 350 fami- glie che avevano subito un lutto a causa del conflitto nei precedenti 18 anni, proponendo loro di unirsi per chiedere, con l’autorevolezza morale che la soffe- renza conferisce, di interrompere la spirale di ven- detta e intraprendere finalmente la via della pace, del rispetto e della riconciliazione con i palestinesi. Ricevette un paio di lettere cariche di insulti, ma ciò che più conta è che 44 famiglie risposero affermati- vamente. Al loro primo incontro Frankenthal pro- pose di rivolgersi anche alle famiglie palestinesi che avevano subito un lutto a causa dell’occupazione israeliana. Così nacque il Parents Circle - Families Forum (Circolo dei genitori, forum delle famiglie) chiamato Bereaved families forum (Forum delle fa- miglie in lutto), del quale fanno parte oggi circa 600 famiglie palestinesi e israeliane. «IO COMPRENDO I TUOI SENTIMENTI» Nella penombra del salotto di casa sua, la signora M. ci racconta la sua storia. Alle sue spalle una grande foto di suo figlio, che non ha mai fatto ritorno dal ser- vizio di leva. L’onda del dolore della madre ci avvolge, mischiandosi all’aria troppo calda di Gerusalemme. Le domandiamo cosa l’abbia spinta a entrare nel Pa- rents Circle : «Quando un israeliano parla con i pale- stinesi la prima reazione è che loro sono nostri ne- mici e noi siamo i loro nemici. È molto importante quindi sedersi e parlare: comunicare è la sola via per trovare una soluzione. Per me non è stato affatto na- turale, è stato un percorso difficile. Ma ora posso se- dere e ascoltare quanto donne e uomini palestinesi hanno da dire, e posso rispondere: “Io comprendo i tuoi sentimenti”, e a volte posso anche dire: “Ma non concordo con le tue opinioni”». Ritroviamo la signora M. a un incontro delle donne dell’associazione. Carta, stoffa, pennelli e colori per- L’ASSOCIAZIONE PARENTS CIRCLE - FAMILIES FORUM UN’ESPERIENZA ISRAELO-PALESTINESE T ESTO E FOTO DI A NNALISA Z AMBURLINI Un ragazzo rapito e ucciso da Hamas. Un’associazione fondata dal padre per promuovere la riconciliazione tra israeliani e palestinesi. Donne dei «due fronti» che si raccontano in cerchio il conflitto e i loro lutti. Testimoni che vanno nelle scuole dell’una e dell’altra parte, per far incrociare i propri occhi palestinesi con gli occhi israeliani dei ragazzi, e viceversa, e condividere i sogni, le aspirazioni, le vite interrotte dalla violenza. Esperienze di giustizia riparativa.

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