Missioni Consolata - Dicembre 2013

dare loro la prima comunione alla quale si stavano preparando. E loro, chiamati a partecipare alla deci- sione, hanno scelto di lavorare per un certo tempo per la persona che avevano derubato, di restituire quello che avevano preso. Non è stato un castigo: quei ragazzi si sono restaurati, hanno assunto le loro responsabilità. In più abbiamo guadagnato nella vit- tima un amico, che ha detto: “Questi ragazzi sono dei disgraziati, dei delinquenti, però sono anche ca- paci di fare del bene. Sono capaci di riconoscere il male che fanno”. I ragazzi lavoravano talmente tanto per “la loro vittima” che doveva fermarli lui stesso. Così si sono restaurati la vittima, i colpevoli e la co- munità. Ho raccontato questo aneddoto per dire che anche in casa si può usare la giustizia riparativa. Anche a scuola. Questo è il punto di arrivo: la giustizia re- staurativa non è solo per i palazzi di giustizia, ma anche per la vita quotidiana. Evitare di castigare. Allo stesso tempo non lasciare passare mai niente di sbagliato: ogni errore deve essere corretto». Nella tua vita missionaria sei stato e vai in diversi paesi del mondo affrontando il tema del perdono e della riconciliazione. Ci puoi raccontare qualcosa di queste tue esperienze? «Ieri sono stato in un campo Rom a Collegno (To). Sappiamo che gli immigrati sono mal visti, ma i Rom sono rifiutati. Certamente hanno i loro limiti, però mi sono trovato benissimo. Sono stato in Alba- nia a incontrare cattolici e musulmani sul tema della violenza tradizionale. Tengo dei corsi sul perdono. Sono dei semi gettati. Non è che si risolvano i pro- blemi. Ma cerco, insieme ad altri che collaborano con me, una pedagogia del perdono. Il papa Gio- vanni Paolo II, per la Giornata mondiale della Pace del 2002, alla fine del suo messaggio chiedeva che si costruisse una pedagogia del perdono. Noi parliamo sempre del perdono, ma non insegniamo come si fa. Ecco. È importante tentare di balbettare qualcosa su questa pedagogia del perdono». Luca Lorusso MC GIUSTIZIA RIPARATIVA GIUSTIZIA RETRIBUTIVA Interesse dello stato al primo posto. Fuoco sulla punizione. Prigionia o pene alternative inefficaci (carità a terzi). Colpevolezza individuale. Uso dogmatico del diritto. Formale, ritualistica. Scenario di potere. Linguaggio e regole complessi. Processo decisionale delle autorità, operatori giuridici. Minima partecipazione. Minima assistenza psicosociale e giuridica. Insoddisfazione e frustrazione rispetto al sistema. Alienato dal processo, comunicazione tramite l’avvocato. Necessità praticamente dimenticate. Inaccessibile e senza interazione. GIUSTIZIA RESTAURATIVA Interesse delle persone coinvolte e della comunità al primo posto. Fuoco sulla responsabilità e sulle necessità delle parti e della comunità. Corresponsabilità individuale e collettiva. Uso critico del diritto. Informale, semplificata. Scenario extragiudiziale o comunitario. Linguaggio comune e regole flessibili. Processo decisionale condiviso con i coinvolti e la comunità. Voce e ruolo essenziali nel processo. Risposta effettiva alle neces- sità psicosociali e giuridiche. Soddisfazione e controllo sulla situazione, recupero dell’autostima. Partecipazione responsabile nel processo. Necessità effettivamente considerate. Accessibile, interagisce con la vittima e la comunità. IMPATTO ED EFFETTI PER LA COMUNITÀ Restaurazione del tessuto sociale. Reintegrazione dell’accusato e della vittima. Efficacia di un sistema multiporte. Potenziale di riduzione della reincidenza. Pace sociale con dignità e senza tensioni. VALORI PROCEDURA IMPATTO ED EFFETTI PER LA VITTIMA IMPATTO ED EFFETTI PER L’ACCUSATO © Af MC/G Testa 2006 Due immagini che testimoniano il lavoro com- piuto da padre Gianfranco Testa in Colombia.

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