Missioni Consolata - Dicembre 2013

Usa approva il Syrian Accountabi- lity Act , che dà il mandato al pre- sidente Bush di preparare l’at- tacco alla Siria. • Nel 2006 relazioni pubblicate da ex agenti dei Servizi segreti fran- cesi, definiscono la politica statu- nitense in Medio Oriente fondata sulla «instabilità costruttiva», una strategia che, come essi dicono, «posa su tre principi: creare e ge- stire conflitti a bassa intensità, fa- vorire lo spezzettamento politico e territoriale dell’area e promuo- vere il settarismo e la pulizia et- nico-confessionale». • Il 5 marzo 2007 sul New Yorker , Seymour Hersch rivela che Stati Uniti, Israele, Arabia Saudita, Fra- tellanza musulmana siriana e Ha- riri in Libano, hanno costituito, fi- nanziato e armato frange di estre- misti e fondamentalisti qaedisti per rovesciare la Siria e il Libano. Si potrebbe, anzi si dovrebbe, continuare con altri attori e burat- tinai occulti, di solito nascosti die- tro fondazioni o istituti di ricerca nonprofit. Come il Canadian Cen- tre for Responsibility to Protect (www.ccr2p.org) , l’ Albert Einstein Foundation (www.aeinstein.org ), la Freedom House (www.free- domhouse.org ), l’ International Republican Institute (www.iri.org) , il National Democratic Institute (www.ndi.org ), la National Endow- ment Democracy (www.ned.org) , o la lobby saudita dei Sudairi, ecc. Ma sarebbero necessarie molte più pagine di quelle disponibili. LA DISINFORMAZIONE STRATEGICA Per poter perseguire questi ob- biettivi vi è un’arma senza la quale, come stabilì il dipartimento di Stato Usa, non si possono più vincere le guerre: è la cosiddetta «Quarta Armata», la Disinforma- zione Strategica. Quella scienza cioè, che prepara, manipola, falsi- fica, occulta, inganna e orienta le opinioni pubbliche internazionali (a dire il vero, soprattutto quelle occidentali). Una vera e propria guerra mediatica scatenata con- tro popoli e paesi con le loro lea- dership , da aggredire e conqui- stare poi con le armi, anzi con le «guerre umanitarie». La «Quarta Armata» funziona sulla base di uno schema ormai collaudato negli ultimi vent’anni, e con meccanismi di dispiega- mento quasi fissi, passaggio dopo passaggio. Essa consiste in una serie di fasi: • Una campagna mediatica mar- tellante e incessante di Tv, gior- nali, radio, siti web, sui temi dei diritti umani, della democrazia, del regime, dei diritti di opposi- zioni ininfluenti o residenti all’e- stero, di minoranze etniche op- presse non sufficientemente tu- telate. Una comunicazione osses- siva su quanto siano democrati- che le forze di opposizione e la cosiddetta società civile, le Ong create ad hoc e su quanto sia im- portante finanziare questi attori per lottare contro il regime. • Si passa poi a sanzioni ed em- barghi contro i governi che non collaborino o non siano disponi- bili ad accettare i diktat. • Terzo passaggio è la demoniz- zazione e criminalizzazione scientifica e incessante dei lea- der, dei partiti, forze locali «reni- tenti o recalcitranti», o non dispo- nibili a svendere la loro politica e gli interessi nazionali o indipen- denti. Nel mentre, se nel paese cominciano insorgenze militari, si inizia a paventare la «minaccia e la necessità di un intervento» o l’apertura di «corridoi umanitari e no fly zone ». • Scatta l’aggressione militare, naturalmente sotto la veste di «guerra umanitaria», per portare democrazia e libertà in quel paese, e difendere i diritti umani. Il paese recalcitrante viene occu- pato militarmente e affidato alle forze «nuove» garanti di un nuovo sistema libero e democratico come Al Qaeda in Libia o perso- naggi alla Quisling (nome di un noto collaborazionista norvegese, ndr ) screditati dalle popolazioni locali (come Karzai in Afghani- stan o Chalabi in Iraq), se non mafiosi (come in Kosovo). Nel frattempo le risorse di quel paese passano sotto la «tutela» delle varie multinazionali occidentali e vengono installate basi militari Nato o Usa. Come abbiamo cercato sintetica- mente di spiegare, l’uso dei me- dia e della guerra mediatica per assopire le opinioni pubbliche oc- cidentali, sono fondamentali e imprescindibili nel nostro tempo per qualsiasi aggressione e con- flitto. Pensiamo quali tragedie umane e sociali e quali conse- SIRIA 16 MC DICEMBRE 2013 guenze hanno prodotto le ultime guerre umanitarie in Somalia, Af- ghanistan, Iraq, Kosovo, Libia. Sarà lo stesso per la Siria? PRESERVARE POPOLI, CULTURE E FEDI È necessario sottolineare e riba- dire che a essere contro la guerra in Siria e a chiedere la fine del- l’aggressione, dell’ingerenza delle potenze occidentali e delle violenze delle milizie qaediste , non si difende un partito, un pre- sidente, una ideologia, una fa- zione. Agendo così si difende la realtà di un popolo, di una so- cietà, di un sistema politico e so- ciale, fondati sulla laicità dello stato, la multireligiosità, la mul- tietnicità, la multiculturalità. Si difende, in altri termini, la ric- chezza di un mosaico di popoli, culture e fedi millenarie, l’equili- brio di un sistema unico in tutta l’area mediorientale. Nell’essere dalla parte della Siria e del suo popolo, si stabilisce che il presidente Assad e il governo siriano sono e devono essere un problema dei siriani che vivono in quel paese. Scelte e decisioni sul presente e sul futuro di quel paese spettano soltanto a loro. Enrico Vigna* (*) E NRICO V IGNA è presidente di «Sos Yugoslavia Onlus», associazione di solidarietà che, a dicembre 2012, ha ricevuto a Belgrado il «Premio Novosti», il più alto riconosci- mento della Serbia. È autore di nu- merosi saggi. Il suo ultimo lavoro è: Le Chiese d’Oriente e il “regime” siriano , prefazione di padre Had- dad, Zambon Editore, Francoforte 2013 (www.zambon.net ).

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