Missioni Consolata - Giugno 2013

quelli dei critici citati sopra: è un’occasione persa per fare au- tocritica. E per provare a spie- gare al pubblico come stanno le cose senza facili indignazioni, al- tezzosa autoreferenzialità e quell’orribile linguaggio «svilup- pese» che non solo è sgradevole, ma anche incomprensibile ai più, vediamo in dettaglio alcuni punti. Cose che il libro non dice Furlanetto non dice che il mondo del no-profit è tutto un magna- magna . Non sono forse di coope- ranti delle Ong (Viviana Salsi, En- rico Crespi, Silvana e gli altri) le critiche più feroci al «circo uma- nitario» citate nel libro? Segno che l’autrice sa che la solidarietà (o beneficenza, che però è tutta un’altra cosa; ma su questo tor- neremo dopo) non consiste solo in sprechi, errori, distrazioni di fondi, ma è fatta anche di per- sone e organizzazioni oneste e appassionate. Di Medici Senza Frontiere, ad esempio, Furla- netto ricorda la serietà di cui l’organizzazione diede prova, nel 2004, nel comunicare che i fondi raccolti per lo tsunami avevano superato le capacità operative dell’organizzazione e nell’offrire ai donatori di scegliere tra farsi restituire i soldi o dare l’assenso perché fossero impiegati altrove. Fatta eccezione per questi conte- nuti, l’autrice non parla del buono e dà ampio spazio al mar- cio. Ma il titolo del libro non è «Trattato sulla cooperazione», non ha pretese di esaustività e analizza dichiaratamente un lato, o un volto, di un fenomeno. Si trattasse anche di un Giano bi- fronte, se non di un poliedro a più facce, resta chiaro che c’è al- meno un altro volto e che, sem- plicemente, Furlanetto non lo sta raccontando. La giornalista trevigiana, però, sembra sbilanciata (forse un po’ demagogicamente) verso il lato dei piccoli donatori interessati a sapere che fine fanno i loro soldi, mentre la sensazione è che la presenza di questo interesse da parte di chi dona non sia sempre così scontata. Siamo sicuri che chi invia due euro via sms dopo aver visto il viso sfigurato dal pianto di un bambino di Haiti vo- glia davvero sapere, vedere, toc- care con mano il fatto che quei più operativa Agenzia per il Terzo Settore), «un pasticcio dove si mescolano tutto e il contrario di tutto» (Andrea Pinchera di Greenpeace ), «un’occasione persa» (Konstantinos Moscho- choritis di Medici senza Fron- tiere), solo per citare alcune opi- nioni. Che realtà anche molto di- verse (Ong, onlus, cooperative, li- vello nazionale e internazionale, aiuti pubblici e privati) vengano nel libro superficialmente so- vrapposte e appiattite è un dato di fatto; che lo stile dell’autrice tra- disca a volte la volontà di pole- mizzare più che quella di mante- nere l’obiettività - tante lo occa- sioni in cui dice: «dovrebbe es- sere così. Peccato che sia cosà » - è pure vero. Che alcuni dati citati siano discutibili o approssimativi è indubbio. Infine, che a pagina 189 la lingua dell’Etiopia diventi l’aramaico (invece che l’amarico) fa perfino un po’ sorridere. Al netto di questi tanti limiti an- che chi scrive trova che il libro della Furlanetto sia un’occasione persa, ma per motivi opposti a due euro sono diventati il riso che quel bambino sta man- giando? In Italia gli utenti iscritti a Facebook sono ventidue mi- lioni: possibile che chi è tecnolo- gicamente alfabetizzato abba- stanza per scambiarsi battute su un social network con gli amici non sia anche in grado di scri- vere una mail a un’associazione per chiedere conto dell’utilizzo dei fondi? Eppure non succede, o succede solo molto di rado: per- ché? Perché spesso la solida- rietà in Italia è appunto solo ca- rità ( non nel senso usato nell’e- ditoriale di MC 3/2013, ndr ), se non una mera reazione di pancia, non interessata a capire e cono- scere quello che sta attorno al- l’immagine del bambino che piange e come quell’ attorno , passaggio dopo passaggio, arrivi fino al nostro quotidiano, al carrello delle spesa, al telefonino che compriamo, al mezzo con cui ci spostiamo. La misura del fal- limento della soli- darietà interna- zionale - italiana come estera - non è solo nel saldo fra danno e utile nelle azioni compiute sul campo, ma anche, e forse soprattutto, nei numeri irrisori di persone che le orga- nizzazioni sono state fin qui ca- paci di sensibilizzare e informare davvero. Se ci fosse un modo semplice ed efficace per illu- strare, ai donatori e al pubblico in generale, come quello che scegliamo di comprare, man- giare, usare ha conseguenze molto più ampie di quel che sembra e rischia di elidere i be- nefici portati da una donazione, la solidarietà internazionale cambierebbe radicalmente. Ma un modo semplice non c’è. Ed è proprio nella ricerca di un me- todo efficace che le organizza- zioni di solidarietà internazionale si sono miseramente arenate, cedendo invece a un marketing a volte pietistico che nulla ha a che fare con lo sforzo di informare - «educare» è un termine di cui preferiamo non abusare - l’au- dience esposta ai messaggi pro- mozionali. Cooperando… 62 MC GIUGNO 2013 © http://mylifeparttwo.wordpress.com

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