Missioni Consolata - Giugno 2013

suore si conformarono alle linee guida del loro fonda- tore. Esse si dedicarono agli schiavi riscattati e perfino ne comprarono alcuni, quando potevano permetterselo, come avvenne per esempio in Baudoinville (Moba) dove arrivarono nel 1895. I diari mostrano che esse non si occuparono solo di schiavi neri riscattati o li- beratisi con le proprie forze, ma anche di ogni bam- bino bisognoso, compresi i figli dei mercanti di schiavi, come si legge nei diari: «Il comandante di Deberghe ci ha mandato due ragazzi. Il loro padre era un leader arabo della costa del Tanganika, che era stato ucciso in una incursione. La sua vedova e i figli furono presi dai belgi. La ragazza si chiama Leo- nora; è molto intelligente. Il primo giorno del suo ar- rivo imparò a fare il segno di croce. L’altro è un bam- bino di due anni; non sa ancora parlare ed è il più gio- vane del Barza» (09-07-1896). Tutti i ragazzi erano raggruppati nello stesso centro. Grazie alle suore, schiavi, figli di schiavi e figli di pa- droni ora vivevano insieme in pace e fiducia, riceve- vano crescendo la stessa educazione e imparavano ad essere fratelli e sorelle, perché figli dello stesso Dio Padre. C’è forse un modo migliore per combat- tere contro la schiavitù? Dal 1909 nel diario di Tabora si notano alcuni cam- biamenti nel modo di riscattare gli schiavi: «Una vec- GIUGNO 2013 MC 43 chia schiava, sorella di un catecumeno del villaggio, è arrivata qui da pochi giorni, ma il suo padrone la re- clama. Il caso va alla boma (Centro del governo lo- cale) e il reverendo padre superiore ci suggerisce di tentare un altro modo di riscatto. Ciò significa che la somma richiesta dal padrone non sarà pagata imme- diatamente tutta. La schiava lavorerà e ogni mese pagherà al padrone una somma convenuta e così comprerà la propria libertà. La proposta fu adottata dalle tre parti. Questa soluzione ci ha rese molto fe- lici, nel fatto che la nostra povera vittima può lavo- rare e perché essa può stare con noi per almeno dieci mesi finché la somma viene pagata. Questa lun- ghezza di tempo significa che la riscattata può se- guire le istruzioni e conoscere la nostra religione e così avere il desiderio di perseverare nel suo catecu- menato». LA CARITÀ NON BASTA La storia del cardinal Lavigerie, dei suoi missionari e missionarie contiene una lunga lista di opere di ca- rità verso le vittime, a cominciare dal riscatto di schiavi fino a ciò che si sta ancora facendo oggi, per esempio a favore dei ragazzi di strada, vittime di cac- cia alle streghe, guerre, ecc... Tuttavia tale storia ci insegna che le opere di carità da sole non possono eliminare la schiavitù dalla no- stra società: Lavigerie stesso lo aveva notato, di- cendo: «Ma io ripeto, cari fratelli e sorelle, che la ca- rità, per quanto grande possa essere, non sarà suffi- ciente a salvare l’Africa. È necessario un rimedio più sollecito, più efficace e più decisivo» (St. Sulpice, Pa- rigi, 1° luglio 1888). Il cardinal Lavigerie insegnava quindi che le opere di carità devono andare di pari passo con le opere di giustizia; affermava che l’evangelizzazione procede pari pari con l’attivismo sociale, diventando così uno strumento efficiente contro lo schiavismo. C’è biso- gno di leggi e strutture sociali per prevenire ed elimi- nare alla radice le cause della schiavitù. Tale metodo di evangelizzazione, valido oggi e in futuro (cf Nuova evangelizzazione ), deve essere adattato alla situa- zione attuale nella lotta contro le forme moderne di schiavitù. Come missionari, la preghiera è parte essenziale de- gli sforzi nel combattere la schiavitù in qualsiasi forma si manifesti. Lavigerie considerava la pre- ghiera in generale e la preghiera pubblica in partico- lare come mezzo indispensabile per raggiungere lo scopo della sua campagna. Con queste parole si ri- volse ai cristiani in Algeri: «Ho appena scongiurato i governi in Europa, ma oggi non vi chiedo né l’aiuto delle armi né quello della carità, come feci in prece- denza; è un aiuto più importante che io, vescovo, chiedo ai cattolici: è l’aiuto della preghiera» (Algeri, 19 aprile 1889). E continuava spiegando che essa è uno strumento alla portata di tutti e non esclude al- cuno: bambini, giovani, anziani, malati o in buona sa- lute. Tuttavia anche la preghiera deve andare mano nella mano con i gli sforzi concreti nel combattere la moderna schiavitù. Nel diario di Mpala, lo scrittore, dopo aver narrato una storia molto difficile sul ri- scatto di sei anziane donne e due bambini, conclude dicendo: «Abbiamo fatto ciò che potevamo, Dio farà il resto» ( Diary, Mpala, 3 settembre 1890). MC SPEZZIAMO LE CATENE © Arch Padri Bianchi - Roma © Arch Padri Bianchi - Roma

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