Missioni Consolata - Giugno 2013

DONNE APOSTOLE TRA DONNE Quando il cardinal Lavigerie fondò la congregazione delle Missionarie di nostra Signora d’Africa (Msola), nel 1869, voleva donne apostole che si prendessero cura degli orfani causati dal colera in Algeria, oltre a partecipare pienamente nell’evangelizzazione del continente africano. Le «suore bianche», come veni- vano comunemente chiamate, cominciarono la loro vita missionaria in Algeria, contribuendo a restituire dignità ai meno privilegiati. Quando esse partirono per le missioni in differenti parti dell’Africa, il conti- nente era percorso dalla tratta degli schiavi. Mentre il loro fondatore era impegnato nella campagna anti- schiavista, egli esortava le sue missionarie a impe- gnarsi totalmente come educatrici e madri di tutte le donne vittime della schiavitù. E tutte le attività delle suore erano dirette a rispondere a tale invito. Fin dall’inizio Lavigerie ricordò alle suore che dove- vano essere «donne apostole tra donne» e madri verso le ragazze vittime dello schiavismo in Africa Equatoriale. Egli voleva le sue suore totalmente mis- sionarie, il cui apostolato era complementare a quello dei padri e fratelli, non solo perché esse pote- vano entrare in gruppi chiusi ai missionari maschi, ma anche per la loro abilità di agire da donne tra donne, per trasformare la società intera. FACCIA A FACCIA CON LA SCHIAVITÙ Queste donne apostole furono mandate in Africa per partecipare a modo loro nella lotta contro il commer- cio di schiavi, mediante il loro impegno con gli schiavi riscattati (ragazze, donne, ragazzi). Lavigerie aveva dato anche a loro prudenti linee guida su come comportarsi con bianchi e neri trafficanti di schiavi. Questi erano troppo potenti e pericolosi per essere affrontati direttamente da impotenti missionari. La- vigerie raccomandò loro di mantenere relazioni ami- chevoli con i proprietari di schiavi, se volevano conti- nuare i loro impegni apostolici. In compenso, chiese loro di inviargli relazioni dettagliate sulla tratta... Le zata per lo più ai paesi europei con lo scopo di for- zare i loro governi, mediante l’influenza dell’opinione pubblica, a prendere iniziative per abolire la schia- vitù in Africa. I pochi missionari della sua Società a quel tempo erano soprattutto nel continente nero e dovevano come priorità iniziare nuove missioni per l’evangelizzazione degli Africani. Secondariamente, per motivi di prudenza; egli te- meva le ripercussioni negative che si sarebbero ri- versate sui missionari, come persecuzioni, uccisioni, rifiuto del permesso di stare in quei paesi, impe- dendo così di portare avanti l’opera di evangelizza- zione, obiettivo principale della loro presenza in quei paesi. Perciò, Lavigerie giunse fino ad ammonire i suoi missionari di non scontrarsi con i mercanti di schiavi. Tuttavia, nonostante ciò, alcuni missionari sfidarono gli schiavisti e sfidarono i capi locali per- ché abolissero la schiavitù nelle loro aree. Anche se i missionari non erano direttamente coin- volti nella campagna antischiavismo del cardinale, essi vi contribuirono direttamente, inviandogli infor- mazioni di prima mano sulle atrocità di questo odioso mercato e le sue conseguenze negative sulla vita sociale in generale e su quella famigliare in parti- colare. Tali informazioni erano per lui di grande uti- lità nelle sue conferenze e comunicati stampa. Inoltre il cardinale incoraggiava i suoi missionari a riscattare gli schiavi, a prendersene cura ed educarli. Perciò gli orfanotrofi che furono costruiti in quasi tutte le stazioni di missione erano per lo più riempiti con bambini schiavi riscattati. Questi ragazzi furono considerati la base della futura comunità cristiana locale ed erano anche visti come una risorsa a lungo termine per combattere la schiavitù, e distruggere col tempo le strutture (mentali e sociali) che la favo- rivano. Ma anche il problema del riscatto degli schiavi non era senza difficoltà e opposizione. Alcuni erano con- trari al riscatto perché lo consideravano un incorag- giamento per i trafficanti a continuare in tale odioso affare. Perfino tra i missionari c’erano delle diffe- renze come nel caso dei Buganda: il problema fu rife- rito al cardinale, come testimoniano le lettere inviate nel 1882 dai padri Livinhac e Lourdel. Un altro modo in cui i missionari in Africa contribui- rono alla lotta contro la tratta degli schiavi fu il prov- vedere sicurezza alla gente nei cosiddetti «villaggi della pace o della libertà», come quelli fondati nelle località di Karema e Mpala in Tanganika e Kibanga in Congo. 42 MC GIUGNO 2013 Sopra a sinistra : una spedizione in partenza per l’Africa con medecins-catechistes e con i padri. Sopra : suore bianche con bambine riscattate dalla schiavitù. Sopra a destra : il pellegrinaggio africano a Roma nel 1888. A destra : una suora insegna alle ragazze a cucire. © Arch Padri Bianchi - Roma

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