Missioni Consolata - Giugno 2013

30 MC GIUGNO 2013 queste persone, un proposito condensato nel motto: « Aethiopum semper servus », totalmente a servizio degli «etiopi», come venivano chiamati a quei tempi quelli che provenivano dall’Africa. Saresti in grado di definire quanti schiavi arri- vavano in un anno a Cartagena? Alcuni storici calcolano che nei secoli segnati dalla tratta degli schiavi siano stati deportati circa 15 mi- lioni di esseri umani. Si può dire che ai miei tempi a Cartagena arrivavano ogni anno migliaia di schiavi africani ed erano quasi tutti giovani, perché i razzia- tori non catturavano invalidi o vecchi, ma i sani, i ro- busti dell’uno e dell’altro sesso. Il «lavoro infame» di razziare e catturare le persone nell’interno del continente era fatto dagli arabi, di re- ligione islamica, mentre comandanti ed equipaggi delle flotte che trasportavano quei poveretti lungo la tratta atlantica erano cristianissimi e cattolicissimi... Quando si tratta di far soldi le coscienze sporche del- l’una e dell’altra religione non vanno per il sottile! In che cosa consisteva la tua azione in favore di questi poveretti? Quando veniva segnalato l’arrivo di un carico di schiavi andavo loro incontro con una mia barca in mare aperto e portavo loro cibo, soccorso e conforto e mi guadagnavo così la loro fiducia, una cosa che mi ri- sultava preziosa una volta sbarcati e ammassati a Cartagena, dove potevo continuare a incontrarli e a offrire quel poco di consolazione che potevo dar loro. E come facevi per la lingua? Radunai delle persone che parlavano dialetti diversi, facendo così un gruppo di interpreti di varie etnie che con il tempo diventarono anche dei validi catechisti. Alla domenica soprattutto passavo gran parte della giornata con loro, specialmente con i nuovi arrivati, andando incontro alle loro necessità e cercando di di- fenderli, come potevo, dai loro oppressori. Nel prenderti cura di queste persone, che cosa ti stava più a cuore? In un ambiente pieno di sofferenza e disperazione, io davo loro speranza, presentando loro la figura di Gesù di Nazareth. A gente che non aveva più nulla, che Pedro, sei una persona eccezionale, un santo unico nel tuo genere, uomini come te sono rari e preziosi per la testimonianza che danno ai cristiani di ogni tempo. Parlaci un po’ di te. Sono nato a Verdú, una cittadina vicina a Lérida nella regione catalana del Regno di Spagna, il 25 giugno 1581, da una famiglia di modeste condizioni. I miei ge- nitori volevano che conseguissi un titolo di studio per poter emergere nel contesto della società del tempo. Che scuole hai fatto? Mi iscrissi alle scuole che i gesuiti avevano aperto in diverse città della Spagna, studiai materie umanisti- che a Maiorca e mi laureai all’Università di Barcel- lona, approfondendo filosofia e psicologia. Poi fui con- quistato dal carisma del nuovo ordine fondato da Ignazio di Loyola e, sull’esempio di Francesco Saverio che era andato in India e in Giappone, decisi di farmi missionario anch’io e di partire per i Nuovi Mondi che iniziavano allora a essere conosciuti dagli europei. Hai un ricordo particolare di quel periodo? Mentre studiavo a Maiorca il frate portinaio del con- vento, fra’ Alfonso Rodriguez, un mercante di Segovia rimasto solo per la morte di tutti i suoi famigliari, mi indicò quale doveva essere la mia missione specifica, ovvero partire per le Americhe. Egli incise profonda- mente non solo nella mia vita: con il suo modo di fare umile e servizievole, divenne un maestro di spiritua- lità per tanti giovani aspiranti gesuiti. La sua stanza era un’altra aula scolastica dove imparavamo la spiri- tualità del servizio verso i più poveri e più bisognosi. Una bella lezione di vita... e poi come andò? Completati gli studi ed emessi i voti religiosi, fui man- dato in America: nel 1610 sbarcai a Cartagena, nel- l’attuale Colombia, in piena crescita tumultuosa e caotica. Quella fu la terra che mi accolse e dove svolsi il mio apostolato per 44 lunghi anni. Cosa ti colpì di più della nuova realtà? Una cosa terrificante, come un tremendo pugno nello stomaco, fu constatare di persona come erano ridotti gli uomini dalla pelle nera, catturati in Africa e venduti come schiavi nelle nuove colonie. Colpito da questo fatto, capii che dovevo impegnarmi a vivere solo per a cura di Mario Bandera 4 chiacchiere con... MC RUBRICHE 12. PEDRO CLAVER Missionario gesuita spagnolo originario della Catalogna, è il santo che maggiormente ha im- pressionato per il suo apostolato in mezzo agli schiavi africani deportati nelle Americhe. È una delle figure più straordinarie della prima evangelizzazione del Nuovo Mondo. Si calcola che nella sua vita abbia battezzato più di 300 mila africani che, strappati dalla loro terra, erano stati brutalmente riversati sulle rive del continente scoperto da Cristoforo Colombo.

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