Missioni Consolata - Giugno 2013

molto il margine di manovra dei giornalisti e dei media» dichiara. «Minacciata da questo testo (…) la stampa burundese rischia di non poter giocare il suo ruolo nel dibattito democratico». Anche l’Unione burundese dei giornalisti (Ubj), per nome del presidente Alexandre Niyungeko, denuncia una «volontà di chiu- dere i media indipendenti». La nuova legge pone restrizioni all’accesso alla professione (oc- correrà avere una laurea); ob- bliga il professionista a rivelare le fonti d’informazione nei casi di «sicurezza dello Stato e difesa» e limita la diffusione di informa- zioni o documenti sugli stessi temi e sulla moneta o il sistema del credito pubblico. Aumenta, inoltre, il valore delle multe fino a 3.000 euro per diffamazione (un giornalista in Burundi ne guadagna da 80 a 150 al mese). E potenzia le prerogative del Consiglio nazionale delle comu- nicazioni (Cnc) - il nemico nu- mero uno dei giornalisti - che può rilasciare o ritirare (tempo- raneamente o definitivamente) la tessera stampa ai professioni- sti anche in casi di «ingiuria e diffamazione». Ma questo è solo l’ultimo duro scontro tra il regime al potere in Burundi e i media del paese. UN CONFLITTO LUNGO 15 ANNI L’inizio della guerra civile in Bu- rundi si può datare con l’ottobre 1993, quando il neo eletto presi- dente Melchior Ndadaye, di etnia hutu, voluto dalla maggioranza della popolazione, viene assassi- nato. All’epoca le leve del potere, e soprattutto l’esercito, sono salda- mente in mano ai tutsi. Gli accordi di Arusha (2000) e di Pretoria (2003) portano, non senza diffi- coltà, alla pace e a una nuova Co- stituzione. Le elezioni generali con «il nuovo corso» si tengono nel 2005, quando l’Fnl tende ancora imboscate e uccide all’interno del paese. Il Cndd-Fdd (movimento ri- belle hutu) vince e Pierre Nkurun- ziza, diventa presidente della Re- pubblica. Ma i veri problemi sor- gono alle elezioni del 2010. Dopo la prima tornata di maggio (ammi- nistrative), i partiti di opposizione accusano brogli e si ritirano dalla competizione. Intanto la tensione aumenta. Il Cndd vince in solitaria e ottiene, questa volta, un con- trollo quasi totale di parlamento, governo e presidenza della repub- blica. La deriva autoritaria è ga- rantita. DIRITTI UMANI, NO GRAZIE Nel 2010 si registra una «forte ri- duzione dello spazio democra- tico» denuncia l’associazione sta- BURUNDI 16 MC GIUGNO 2013 tunitense Human Rights Watch (Hrw), che osserva il forte au- mento di violenza politica tra fine 2010 e il 2011, con decine di as- sassini politici, impunità quasi to- tale dei responsabili, atti di inti- midazione e molestie verso mili- tanti della società civile e giorna- listi. Il sistema giudiziario resta molto debole. Già in campagna elettorale au- mentano arresti arbitrari e tor- ture. Il partito Fnl si spacca, e il presidente Agathon Rwasa fugge all’estero. Molte personalità poli- tiche e giornalisti scelgono la stessa via dell’esilio. «Lo stato non riesce a proteggere i propri cittadini e non reprime violazioni e crimini» incalza Hrw e si assiste a un «impasse poli- tico tra partito al potere e partiti di opposizione». È di questo periodo la comparsa di nuovi gruppi armati: alcuni membri del Fnl riprendono le armi e iniziano a fare attacchi contro i membri del partito al po- tere e autorità locali. Il timore del ritorno alla guerra civile è palpa- bile. Nel 2011 si assiste a un picco di assassini. Molti sono gli scontri tra Cndd-Fdd e gruppi se- dicenti alleati del Fnl. Il potere utilizza a questo scopo polizia, servizi segreti e anche la sua lega dei giovani, gli Imbonerakure . © Esdras Ndikumana / AFP

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