Missioni Consolata - Maggio 2013

pagnamento internazionale [di Norvegia, Venezuela, Cuba e Cile, ndr ] nei colloqui e il conte- sto interno colombiano, a metà di una legislatura di un governo con prospettive di rielezione». La scomparsa del presidente ve- nezuelano ha aperto qualche in- terrogativo sul ruolo del Vene- zuela nelle negoziazioni. Il suc- cessore, Nicolas Maduro, da Ca- racas, fa sapere che in ossequio al giuramento fatto al suo co- mandante (Chavez, appunto) il Venezuela continuerà a impe- gnarsi nel processo di pace co- lombiano. Christian Völkel, anali- sta dell’ International Crisis Group , osserva poi che per quanto il ruolo del Venezuela sia stato importante nella fase se- greta dei colloqui, ora le negozia- zioni hanno abbastanza forza in se stesse per reggersi senza bi- sogno di supporti esterni. I rospi da ingoiare Bastano alcuni esempi per farsi un’idea della complessità della situazione. A proposito del primo punto, relativo alla distribuzione delle terre, secondo Marco Ro- mero, analista della Consultoría para los Derechos Humanos y el Desplazamiento , i colloqui do- vranno trovare un punto di con- vergenza fra il modello di svi- luppo agroindustriale, che pare MAGGIO 2013 MC 77 TRE DOMANDE A PADRE RENZO I cinque punti dell’accordo preliminare, i colloqui a L’Avana (luogo dove si stanno incontrando il Presidente Santos e i rappresentati delle Farc, ndr ), le conseguenze della morte di Chavez sul processo di pace: questi sono i temi su cui dibattono i media colombiani e internazionali nei primi mesi del 2013. Ma che cosa si vede, che cosa effettivamente si muove, nel quotidiano di un luogo come San Vicente del Caguán? Lo ab- biamo chiesto a padre Renzo Marcolongo, missionario della Consolata attualmente a San Vicente. Nella vita quotidiana delle persone ci sono segni concreti, cambia- menti che indichino la presenza del processo di pace in corso? O per ora nulla è cambiato e la violenza e la paura son sempre le stesse? La gente sa che c’è in corso un processo di pace, sì, ma qui finisce il coinvolgimento. Per moltissimi la vita continua come se a Cuba non ci fosse nulla di straordinario. Questo ha varie cause: la situazione di vio- lenza non è assolutamente diminuita; chi ha attività commerciali, anche piccole, continua a pagare la quota di «libera collaborazione causa». A Cuba, poi, non ci sono rappresentanti dei gruppi operanti nel Caquetá e Putumayo: anche per questo il processo di pace è avvertito come qual- cosa di lontano e che probabilmente non avrà effetti significativi in que- ste zone. La gente continua ad avere paura, una paura generalizzata all’idea di una possibile bomba che esploda in un luogo pubblico, ad esempio, op- pure al pensiero di diventare oggetto di estorsioni o di richieste di colla- borazione. L’atteggiamento più diffuso è quello dello stare sempre in guardia perché non si può mai sapere chi sia veramente la persona con cui si sta parlando né che uso farà della conversazione. Cosa si può fare perché la gente si liberi di questa paura e rassegna- zione? La gente è rassegnata perché non si vedono cambiamenti importanti né una presenza dello stato che favorisca un cambio di mentalità e una fi- ducia nelle strutture politiche, sia a livello locale che dipartimentale e statale. Tutti «si arrangiano» come possono e in questo aiuta la grande capacità di adattamento e la resistenza che questo popolo sembra avere dentro sé. Il principale problema della gente sembra esser quello di tro- vare soluzioni ai propri problemi immediati senza «dar fastidio» e senza attirare l’attenzione. Tutti questi problemi sociali hanno un grande impatto nella vita quoti- diana e nelle emozioni: la paura, l’aver sofferto traumi di mille generi, l’insicurezza e la violenza restano nel cuore della gente. Questi poi cre- scono e si manifestano in aggressività verso i familiari, verso i figli e le persone importanti nella propria vita. Sono frequenti le rotture fami- liari causate dall’incapacità di affrontare le incomprensioni con il dia- logo e non con la violenza. Che ruolo ha la Chiesa nell’accompagnare la gente nel percorso di pacificazione? La Chiesa è presente ovunque. Questa presenza calma e rassicura molti i quali si trovano a pensare che per lo meno c’è qualcuno dalla parte della gente, tutta la gente, senza secondi fini, qualcuno a cui si possono confidare i problemi contando sulla discrezione e la riservatezza di chi ascolta. Non credo che spetti alla Chiesa creare cambiamenti strutturali impor- tanti: questi cambiamenti debbono essere frutto di decisioni prese a li- vello più alto, a livello politico. La presenza della Chiesa è di consola- zione perché annuncia che la pace è possibile se ognuno dfa quello che può perché la pace diventi realtà. Per questo uno dei nuovi impegni che stiamo cercando di portare avanti è il saper ascoltare quello che la gente porta nel cuore e accompagnarla in un cammino che sovente è una ricerca di valori e di una vita di pace. Chiara Giovetti MC RUBRICHE

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