Missioni Consolata - Maggio 2013

non può essere raffigurato e che «i cieli e i cieli dei cieli non possono contenere» (2Cr 6,18). La conseguenza è logica: chi usa la moneta con l’immagine di Cesare rin- nega la regalità di Dio perché «un servitore non può servire due padroni» (Lc 16,2). AMARE DIO CON TUTTO IL CUORE Gesù non si lascia scappare l’occasione per richiamare i capi religiosi alla verità della loro coerenza e li invita a ritornare «al principio», cioè all’autorità di Dio da cui si sono allontanati per sottomettersi a Cesare. Egli, in- fatti, con la seconda parte della sua risposta, li porta di peso nel cuore dell’Eden, quando Dio inventò l’umanità, costruendola «a sua immagine e a sua somiglianza» nella prospettiva di Genesi 1,27: « e [ridate/restituite] le cose [che sono] di Dio a Dio ». Gesù non ha alcun oriz- zonte politico con questa frase, perché il contesto in cui si muove è solo ed esclusivamente religioso, anzi teolo- gico. Qui si tratta di antropologia teologica e non di una banale distinzione di poteri tra «Chiesa e Stato», un concetto estraneo a Gesù, almeno nella portata che noi oggi attribuiamo a esso, alla luce dei concordati pattizi. Quando si legge la risposta di Gesù, non bisogna cor- rere, ma avere attenzione e fare una lunga pausa tra i due imperativi uniti e separati dalla congiunzione copu- lativa di valore avversativo «e»: rendete a Cesare quello che gli appartiene, perché è suo di diritto (la moneta con la sua effige), e/piuttosto ... [lunga pausa] convertitevi/ritornate a Dio che vi ha creato a sua im- magine e somiglianza perché siete voi l’effige che rende visibile il Creatore nel mondo. È un invito a ritor- nare alla dignità di figli di Dio da cui essi hanno abdi- cato perché si sono venduti come schiavi a un’autorità illegittima . È l’appello radicale alla conversione, spez- zando la confusione tra un «Cesare», che pretende di essere di natura divina, e «Dio», che esige «l’imma- gine» del suo popolo come segno visibile della sua pre- senza nel creato. Cesare si faceva chiamare « Divus » per cui accettarne l’autorità e trafficare con il suo de- naro che lo raffigura, è un atto di ribellione al Creatore perché pone Cesare sullo stesso piano di Dio. L’Ebreo che vi si sottomette contravviene al precetto tassativo di non farsi idoli (Es 20,4; Dt 4,16): «Gli idoli delle na- zioni sono argento e oro, opera delle mani dell’uomo. Hanno bocca e non parlano, hanno occhi e non vedono, hanno orecchi e non odono; no, non c’è respiro nella loro bocca» (Sal 135/134, 15-17). L’opposizione che Gesù pone tra Cesare e Dio è di na- tura religiosa, non politica. Si tratta di scegliere tra due regalità: quella del Dio creatore e liberatore oppure quella di Cesare imperatore . È una scelta tra due pro- spettive di vita: da una parte sta Dio che crea a sua im- magine per la libertà e dall’altra sta Cesare che con la sua immagine conia un impero di schiavitù . È in gioco la scelta radicale della vita tra il Dio che regna in Israele e Cesare che occupa illegalmente la terra d’I- sraele. Cesare non può pretendere l’adesione interiore, che, invece, scribi e sacerdoti gli concedono, usando la sua moneta. Non si tratta della gestione del potere tra due ordini diversi, ma dell’opposizione radicale tra due irriducibili: o Dio o Cesare. Non è in gioco «una parte» ma «tutta» l’esistenza perché riguarda due mondi: quello di Dio che stipula l’alleanza con i figli di Abramo e Cesare che impone le tasse ai sudditi che vivono in Palestina. RITORNO AL PRINCIPIO: L’UOMO «IMMAGINE DI DIO» Quella di Gesù è una risposta ad hominem , cioè pun- tuale, connessa alla domanda con cui argomentano «scribi e sommi sacerdoti» (cf Lc 20,19). Come massima autorità in Israele essi avrebbero do- vuto avere il discernimento per valutare le «cose di Dio», avendone gli strumenti adeguati che sono la Scrittura e la tradizione dei padri. Invece, non solo in- ducono il popolo nell’errore, ma essi stessi si rendono colpevoli perché, contravvenendo agli insegnamenti della Toràh , si adeguano a portare monete con l’effige dell’imperatore. La risposta di Gesù non è pacifica e superficiale e tanto meno si può ridurre a una pronun- cia sulla legittimità del potere o dell’autorità. Gesù non dice se l’autorità di Cesare è lecita o illegittima, se ha diritto o no. Egli si limita a prendere atto della situa- zione descritta dall’immagine della moneta: «Di chi è questa immagine»? La questione in gioco è molto più radicale e parte da un dato di fatto: scribi e sacerdoti sono coinvolti nel riconoscimento di un’immagine che non è quella di Dio. Di fronte all’inchiesta che fa Gesù, essi affermano e confermano che quella immagine è «di Cesare». Gesù non ha dubbi perché essi sanno quello che fanno: Preso atto che voi state parlando di NOTA DI ATTUALITÀ . Questo brano è un appello alla Chiesa in ogni tempo, e, nella Chiesa, specialmente a chi esercita il servizio dell’autorità perché stia sempre attento nella scelta delle cose che riguardano questo mondo. Il cristiano vive il mondo con distacco per- ché il suo cuore è teso al Regno di Dio. Ricchezza, potere, successo, denaro non sono obiettivi primari e nemmeno secondari, perché l’im- pegno del credente è di avere sempre coscienza di essere custode e garante del giardino di Eden che deve consegnare alle generazioni future, fino alla fine del mondo. Quando l’autorità religiosa si rap- porta con i potenti della terra, mai deve dimenticare le parole di Gesù che mette sull’avviso di non tradire mai l’immagine di Dio per nessun interesse, perché Dio vien prima di tutto: è lui e solo lui che bisogna amare con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze. Il resto viene dal maligno. NOTA STORICA . Gli scribi erano i letterati dell’epoca, coloro che spiegavano la Scrittura al popolo, che davano indicazioni di vita e di condotta, che dirimevano interrogativi d’interpretazione della Parola di Dio; cioè svolgevano la funzione di maestri. Il sommo sacerdote era uno solo e svolgeva il compito di capo del sinedrio, composto da set- tanta membri comprendenti sacerdoti, anziani e scribi. Il sommo sa- cerdote emerito vi partecipava di diritto. Al tempo di Gesù vi era il sommo sacerdote Caifa, eletto nell’anno 18 dal procuratore romano Valerio Grato e rimasto in carica fino al 36. Egli era subentrato al suo- cero, Anna (o Anano o Ananiah) che pertanto era membro attivo del Si- nedrio. Per questo il vangelo parla di «sommi sacerdoti». MAGGIO 2013 MC 33 MC RUBRICHE Rendete a Cesare - 3 # Tiziano, Cristo della moneta (1516 circa).

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