Missioni Consolata - Maggio 2013

tua, richiamo permanente alla «signoria» di Dio. L’immagine di Dio posta sulla terra non ha un compito passivo, ma riceve il potere delegato di «dare il nome» agli animali; in oriente «dare il nome» significa avere il potere di vita e di morte su ciò di cui si conosce il «nome», cioè la natura intima e profonda (Gen 2,19- 20). La statua/immagine, però, ha un limite strutturale: esercita solo un potere vicario che esige l’ascolto e la tensione all’altro. Gen 2,15 è esplicito a riguardo: «Dio pose l’uomo nel giardino di Eden perché lo coltivasse e lo custodisse » secondo la traduzione del greco della LXX. L’ebraico, invece, usa due verbi straordinari: «Dio pose Adam nel giardino di Eden perché lo servisse e l’ osservasse/custodisse » 1 . Non padroneggio, ma di- pendenza umile e attenta. Il primo verbo indica il servizio liturgico , cioè la dipen- denza affettiva e vitale, per cui l’uomo compie un atto sacro da cui dipende progresso o regresso. Il secondo verbo è squisitamente giuridico perché è riservato all’«osservanza» della Toràh e dei precetti. Il rapporto che c’è tra l’uomo e le realtà terrestri è un rapporto che lega giuridicamente e costringe l’uomo ad «ascoltare» il mondo e le cose (in ebraico c’è assonanza tra « shama’ - ascoltare» e « shamàr - osservare/custo- dire». Da ciò nasce l’unione indissolubile tra l’individuo e l’ambiente naturale. Liberando Israele dalla schiavitù di Egitto, Dio è diven- tato l’unico re e la sola autorità da cui il popolo dipende, e in esso ogni Israelita. Mosè e i profeti sono luogote- nenti, intermediari portavoce. Nulla di più. L’istituto del regno non è mai attecchito in Israele e, infatti, è durato solo due secoli. Israele ha Dio come re di cui è «imma- gine» rappresentativa o come si direbbe oggi, garante di credibilità. La credibilità di Dio, infatti, passa attra- verso la «sua immagine» che è l’uomo non in quanto maschio, ma in quanto essere vivente in relazione. Il testo ebraico usa un’espressione forte, descrittiva della natura umana: « zakàr we neqebàch = pungente e perforata» che le traduzioni rendono più poveramente con «maschio e femmina» 2 . È questo il contesto in cui si svolge l’intervista tra Gesù e «gli scribi e i sommi sacerdoti». Se Gesù avesse ri- sposto che non è lecito pagare le tasse, lo avrebbero denunciato all’autorità romana e sarebbe stato messo a morte per insubordinazione e attentato allo stato; se avesse risposto che bisogna pagare le tasse all’impera- tore e al senato di Roma, lo avrebbero denunciato al popolo che odiava i Romani e i gabellieri giudei che considerava alla stessa stregua dei pagani. Nell’un caso e nell’altro Gesù sarebbe stato comunque «morto», ma senza porre la questione teologica ed esi- stenziale di fondo: la natura dell’umanità e la sua fun- zione all’interno del creato e della società. Riconoscendosi «immagine» dell’imperatore, di cui ac- cettano la moneta simbolo della sua autorità, essi sconvolgono l’ordine del creato, capovolgendo la na- tura umana e il fine dell’esistenza. Non è solo una que- stione banale di separazione tra poteri politici, ma la questione radicale se Dio è il Creatore e se l’uomo, nella sua natura di «pungente e perforata», ne è il se- gno e la presenza di garanzia nel mondo. (continua - 3). Cesare, il romano, ebbene io vi dico: dategli quello che gli appartiene; ma a voi dico io, di mia iniziativa: ritor- nate a Dio che vi ha creato come sua immagine . Nelle parole di Gesù si trovano due risposte. a) Una diretta ( ad hominem ) alla constatazione ovvia di scribi e sommi sacerdoti che l’immagine è di Cesare, per cui se essi stessi dicono che «è di Cesare», al- lora è giusto che la moneta sia restituita al legittimo proprietario perché è impropria nelle mani degli scribi e dei sommi sacerdoti. b) La seconda parte della risposta è un’affermazione «teologica», autorevole e autoritativa di Gesù che ri- chiama i suoi interlocutori alla « teshuvàh - metà- noia » che non è solo un cambiamento di comporta- mento, ma un radicale capovolgimento del criterio di pensare e scegliere. La conversione cui si appella Gesù comporta una decisione esistenziale che parte dall’intimo per avviarsi verso una prospettiva di vita che abbia come orizzonte solo il Regno di Dio. È l’in- vito al ritorno al Dio della creazione di cui, essi, guide liturgiche e morali del popolo, hanno usurpato l’im- magine rendendola impura. Usando il denaro con l’immagine di Cesare, essi hanno apostato dalla fede e hanno commesso un sacrilegio. L’IMMAGINE E IL PROGETTO DI DIO Per comprendere la risposta di Gesù bisogna rifarsi a Genesi 1,27, secondo cui Dio «creò Adam (= genere umano) a immagine di Dio (ebr.: b e zelèm ‘elohim )» che la Bibbia greca della Lxx, usata dalla prima comunità cristiana, traduce con il termine « èikon » (gr: κατ΄ ει- κόνα θεου - kat’eikòna theû ; lett.: secondo l’immagine di Dio». Con questa espressione l’autore biblico, circa cinque secoli prima di Cristo, definisce il fondamento ontologico della consistenza di Adam , inteso come ge- nere umano, composto di uomini e donne. La persona umana, in quanto natura relazionale, è «immagine» di Dio, nel senso che «uomo-donna» è intimamente le- gato non nell’apparenza, ma nella sostanza. In altre parole, è il genere umano come tale che è «immagine» e, in esso, ogni individuo in quanto persona, compresi gli scribi e i sommi sacerdoti. Da tale struttura antro- pologica esistenziale nessuno può abdicare, pena l’in- consistenza, la morte. Nella cultura orientale (assira, sumera, babilonese, ecc.) ogni sovrano segnava i confini del proprio regno con «statue» raffiguranti la sua «immagine»: chiunque la vedeva doveva riverirla in segno di accettazione del- l’autorità del re che rappresentava. Allo stesso modo, ogni sovrano incideva la propria immagine nelle mo- nete di uso corrente sia per farsi meglio riconoscere da chiunque ne venisse in possesso, sia per affermare il diritto della propria autorità su chiunque le utilizzasse come moneta di scambio. Anche il Dio biblico della creazione si comporta come un re orientale: in Gen 2, secondo il racconto jahvista, egli crea con la polvere del suolo, come un vasaio o un artista della creta, la sua «statua» bifronte, Adam ed Eva , che pone nel giardino di Eden come suo luogote- nente e fiduciario, come sua «Presenza». La coppia è il rappresentante di Dio nel creato perché esso, guar- dando l’immagine del creatore, possa essere riportato al fondamento della propria esistenza. In Gen 1, il rac- conto sacerdotale lo afferma espressamente come «dottrina»: l’essere umano, in quanto sessuato, è «im- magine» di Dio creatore. La terra e il cosmo, cioè l’or- dine della creazione, sono lo scenario di sfondo, dove Dio colloca il riferimento alla sua autorità: l’uomo-sta- 34 MC MAGGIO 2013 Così sta scritto 1 Sull’esegesi del versetto in tutta la sua valenza cf il nostro: Bibbia, parole, segreti, misteri , Gabrielli Editore, 2008, 67-75. 2 Sull’esegesi dell’espressione in tutto lo splendore del testo ebraico, cf Ibidem, 61-65.

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