Missioni Consolata - Marzo 2013

OSSIER materiale, impegnandosi dunque in un’opera di mise- ricordia morale o corporale». Riguardo all’interrogativo su quale immagine dei missionari abbiano i nostri connazionali, Vigini am- mette che, non conoscendo indagini o sondaggi in tal senso, gli è possibile semplicemente esprimere una sensazione personale: «Gli italiani, orientati in que- sto senso anche da tante trasmissioni e immagini te- levisive, vedono prevalentemente il missionario im- pegnato in attività filantropiche e sociali. Costrui- scono case, ospedali, scuole; si curano della miseria, delle malattie e delle necessità di tante persone che, senza la loro presenza e il loro lavoro, sarebbero ab- bandonate a se stesse. Per questo loro impegno, i missionari sono certamente apprezzati e aiutati dagli italiani». Tuttavia, egli conclude che «tutto questo ri- schia di mettere un po' in ombra, nell'opinione cor- rente, l'obiettivo religioso primario della loro voca- zione». Secondo Natoli, presso gli italiani la figura del mis- sionario - non dandosi oggi, in realtà, una riflessione significativa al riguardo - risulta molto più sfumata, rispetto al passato: «Peraltro, ho l’impressione che si conceda loro una larga fiducia, particolarmente sotto il profilo di esercitare un’assistenza alle popolazioni coinvolte». Per questo, alla fine, il loro giudizio pare a Natoli comunque positivo. Infine, ma non da ultimo per importanza, è lecito do- mandarsi quanto l’azione dei missionari in vari am- biti (lotta alla fame nel mondo, nuovi stili di vita, beni comuni, mondialità, dialogo interreligioso, lotta al razzismo...), raccontati anche attraverso la Emi, sia servita per diffondere sia tali temi sia la loro voce in Italia. Secondo Vigini, è innegabile che tale azione sia servita, e non poco: «Quanto i missionari fanno in molti campi è servito in particolare a radicare negli italiani due convincimenti: che pochi come loro si spendono per il bene degli altri e che ci si può fidare di loro, perché sono testimoni credibili». Mentre «sa- rebbe anche importante far capire la radice e lo spi- rito del servizio che i missionari svolgono per il bene della chiesa e dell'uomo». Più articolata la riflessione di Natoli in proposito: «Il missionario ci permette di fare un’opera di transfert : piuttosto di impegnarmi in prima persona in un cam- biamento individuale, è più semplice fare l’offerta al missionario, cosa che ci fornisce sollievo pur non producendo una trasformazione interiore». Alla fine, il rischio è di procurarsi un alibi, perché «monetiz- zare la carità è facile, in quanto ci evita di entrare in contatto diretto con la sofferenza». L’ANTROPOLOGA Intriganti sono poi le considerazioni di Annamaria Rivera, antropologa, saggista, scrittrice, docente di etnologia e di antropologia sociale presso l'Univer- sità di Bari, editorialista per i quotidiani Il Manifesto e Liberazione , che, interrogata in merito, afferma: «Fino ad alcuni anni fa i missionari erano per me principalmente quelli di cui si parla nella letteratura © Emi

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