Missioni Consolata - Maggio 2011

Arriviamo finalmente a casa sua. La mamma è fuori che lava i panni e lui le si avvicina, gli sor- ride e subito si mette ad aiutarla. La casa di fango è immersa nel villaggio di Kibiti, accerchiata da alberi di mango che ne delimi- tano il perimetro. Alla spicciolata arriva una squa- dra di ragazzine e bambini: sono i fratelli e le sorelle di Victor. La mamma mi dice di avere sette fi- gli, due dei quali albini: Victor, che mi accompagna, e Oliver, il primo figlio, che lavora a Dar es Salaam. Suo marito, molto malato, non è albino. «Lo era suo nonno - mi anticipa quasi a voler spiegare come due figli siano nati albini e gli altri cinque no -. Non ho mai pensato, nemmeno per un se- condo, che Victor o Oliver potes- sero essere una disgrazia. Amo tutti i miei figli allo stesso modo. Mio marito e io li abbiamo alle- vati senza pregiudizi; anzi, gli al- tri cinque sono istintivamente di- ventati più protettivi nei confronti di Victor, soprattutto in questi anni. Se ne sentono tante. Meno male che noi viviamo in un pic- colo villaggio e la gente vuole bene a Victor, lo aiuta e lo pro- tegge. Non credono a queste su- perstizioni. Victor è un bimbo buono, generoso, molto dolce ed è ben voluto da tutti. Lui va a scuola con gli altri bimbi del vil- laggio, li aiuta a fare i compiti, gioca con loro, va al catechismo ed è stato anche scelto dal par- roco come chierichetto. Gli piace studiare e dice che da grande vuol fare il medico per guarire tutti i bambini. Io sono orgo- gliosa di Victor e di Oliver come di ognuno dei miei sette figli. Quello che sta accadendo in Tan- zania è vergognoso; ognuno di noi tanzaniani deve reagire e aiutare le famiglie dove ci sono albini, affinché finisca questa tragedia assurda. I nostri albini sono figli del Tanzania come gli altri. Sono africani bianchi e il governo deve impegnarsi nel far capire alla gente che sono esseri umani e che è assurdo pensare che possiamo vincere la nostra povertà con un amuleto fatto con le parti di una persona, un loro fratello per giunta». VITA DA FANTASMA Torno a Dar es Salaam e incon- tro il segretario generale dell’As- sociazione albini del Tanzania, TANZANIA 46 MC MAGGIO 2011 Samuel Mugo, che mi mostra la bozza di una proposta di ricerca che l’associazione ha elaborato, per stabilire le cause che sono all’origine delle uccisioni e ha fatto appello al governo perché questo dichiari la situazione come emergenza nazionale. Stanno facendo pressione su leader religiosi, giornalisti e atti- visti dei diritti umani affinché facciano sentire la loro voce e convincano i membri del governo che la strage degli albini è so- cialmente e moralmente ingiu- stificata. «Inoltre un’altra sfida che gli al- bini devono affrontare - continua Samuel - è la discriminazione sul posto di lavoro, poiché sono disprezzate le loro qualifiche e competenze. Meno male che al- l’ Ocean Road ci sono albini che lavorano come infermieri e negli uffici. Ma nei villaggi dell’interno i bambini albini non vengono mandati a scuola; sono emargi- nati e condannati a un futuro di lavori manuali spesso sotto il loro peggior nemico: il sole bol- lente che cuoce la loro pelle». Gli domando come, secondo lui, si possano uccidere e scuoiare delle persone come fossero ani- mali, per farne degli amuleti magici. «Forse per istinto o per nostra cultura: quando una per- sona si trova davanti a privazioni, # Kibiti, Victor aiuta la mamma nelle faccende di casa. # Miopia, una delle tante conseguenze dell’albinismo.

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