Missioni Consolata - Febbraio 2011

GEORGIA minaristi locali terminassero gli studi e potessero sostituirsi a loro. Ora a Khizabavra c’è final- mente un sacerdote georgiano, padre Paata. Sembrerebbe, dunque, che or- mai non rimangano più ostacoli alla rinascita di una piena vita religiosa. Paradossalmente, però, il senso di appartenenza alla chiesa, sopravvissuto all’o- stracismo e alle persecuzioni ri- servate alla religione sotto il co- munismo, in questi due decenni di libertà si è andato dissipando. Ora che il culto è tornato libero, ad esempio, ci sono tanti che scelgono di non battezzarsi. Padre Paata vede le ragioni di tale scelta in parte nelle diffi- coltà economiche: mancano i soldi per fare una festa come si deve, secondo i grandiosi criteri locali; in parte nel timore di avere problemi con gli ortodossi in quanto cattolici. Se pensiamo che in Georgia cri- stiani ortodossi e cattolici, ebrei e musulmani hanno convissuto in pace per secoli, raro esempio di tolleranza in epoche in cui tale virtù era poco praticata, si può dire che la fase attuale costitui- sca una rottura col passato. Il dopo Urss si è inaugurato con lo slogan «la Georgia ai georgiani». Un esasperato nazionalismo è stato iniettato nel sangue degli abitanti di questa terra gene- rosa. Questo nuovo corso ideo- logico ha fatto dell’Ortodossia la bandiera della rinascita nazio- nale. Essere georgiani s’identi- fica con l’essere ortodossi; per questo motivo oggi in Georgia l’unica chiesa riconosciuta e uffi- cialmente registrata dallo stato è quella ortodossa. LA CRISI All’indomani della fine del si- stema sovietico i georgiani si sono trovati a fare i conti anche con una gravissima crisi econo- mica. In Samtskhe-Javakheti, area prevalentemente rurale, le occupazioni tradizionali sono agricoltura, allevamento e pro- duzione di latte. Negli anni No- vanta la chiusura totale, o par- ziale, delle imprese alimentari e l’interruzione del sistema distri- butivo ebbero come conseguenza un drastico calo della produzione agricola e una diminuzione nel numero degli animali. La crisi cominciò a spingere molte persone fuori dei villaggi, della regione, o addirittura del paese. «Un tempo qui c’erano 300 famiglie, ora saranno al massimo 250. Molte case sono rimaste vuote», spiega padre Paata, «perché le persone si sono trasferite in città, o sono espatriate in cerca di lavori più remunerativi. A Vargavi, un vil- laggio a qualche chilometro da qui, sono rimasti solo in venti- cinque. Tutti anziani». Sono arrivata a Khizabavra una domenica di fine agosto, giusto in tempo per assistere alla litur- gia nella chiesa spaziosa e tutta ridipinta, ma semivuota. I fedeli erano in prevalenza bambini e ragazze, che sostenevano i canti. C’era anche qualche anziano. Gli uomini avevano preferito riunirsi a pochi passi dalla chiesa, sotto il grande albero accanto alla fon- tana, evidentemente un punto di ritrovo. Chiacchieravano o gioca- vano a carte. È il loro modo di svagarsi nel giorno di festa. Tra di loro ce n’erano alcuni tra- sferiti in città e tornati al paese natale solo per qualche giorno di vacanza. Sono considerati fortu- nati perché sono riusciti a otte- nere condizioni di vita più age- voli. Gli «sfortunati» sono rima- sti a lavorare nei campi o con gli animali. È una vita dura, perché il lavoro deve essere fatto quasi senza l’ausilio di macchine, troppo costose per essere acqui- state da un singolo. Così, chi può se ne va e chi non può tira avanti senza troppa convinzione, limitando il lavoro agricolo a una pura attività di pura sussistenza. Questo decadimento dell’agricol- tura ha portato a uno dei para- dossi più sorprendenti dell’eco- nomia georgiana: un paese che sembra benedetto dal cielo per il suo clima e per la fertilità della terra, dove l’industria alimentare e conserviera dovrebbe prospe- rare, si rifornisce di frutta e ver- dura in gran parte dalla vicina Turchia. In piena estate le mas- saie di Tbilisi si lamentano di non riuscire più a trovare sul mercato pomodori e cetrioli locali, ma solo quelli turchi, fibrosi e insapori. Con le loro ampie praterie gli al- topiani dello Samtskhe-Ja- # Qui a sinistra: strada della vecchia Tbilisi con tipica insegna di negozio. # Pagina accanto, da sinistra: Padre Paata davanti alla chiesa, e Nana e col marito Temur nel caseificio.

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