Missioni Consolata - Febbraio 2011

nizzazione ed imposizione del progresso su larga scala. Zhongdian - chissà com’era dieci anni fa - nel 2010 è una città snaturata: camminando dalla stazione degli autobus al centro storico si rincorrono desolanti co- struzioni squadrate ed austere, tipiche dell’espansio- nismo demografico cinese, hotel a sei o sette piani il- luminati come discobar anche in pieno giorno, negozi di chincaglieria assortita, lavori in corso in ogni an- golo, centri per la telefonia mobile e negozi di souve- nir. Appena varcata la soglia immaginaria che divide la città vecchia dalla periferia, l’inganno assume delle fattezze disneyane. La città vecchia, completamente ricostruita nel 2004, è un parco a tema plasmato intorno all’ideale tibetano prêt-à-porter : signore agghindate nei vestiti tradizio- nali gestiscono i negozietti di souvenir, che compon- gono almeno l’80% dell’intera città vecchia, dove si trova di tutto, dall’oggettistica del sacro ai pupazzetti celebrativi dell’Expo di Shanghai, passando per pash- mine tibetane, scarpe tibetane, maglie tibetane, cap- pelli tibetani, occhiali tibetani, coltelli tibetani, nella perversione che qualsiasi cosa vendano i negozi di Zhongdian, oltre 3.000 m di altezza, debba per forza essere «tibetana». Gli spazi rimanenti, che si snodano tra le vie ciottolate del centro, sono tutti popolati da guesthouse o ristoranti per tasche occidentali o per cinesi dalle tasche occidentali, ricostruiti secondo i presunti canoni architettonici tibetani. PER MILLE YUAN AL MESE: STORIA DI JOHN, IL TIBETANO In uno di questi alberghi finto-autentici, convinco un gio- vane cameriere a raccontarmi la sua storia, alternando il suo inglese approssimativo al mio cinese stentato. Si fa chiamare John, ha 20 anni ed è di etnia tibetana. Proviene da un villaggio lontano da Zhongdian, e come molti coetanei ha deciso di spostarsi in città per tentare la fortuna. Dopo una serie di lavori come manovale, ri- esce a farsi assumere in un hotel fuori dalla città vecchia - lussuosi e costosi, come piacciono ai turisti cinesi - dove ricopre una quantità indefinita di mansioni. Il suo ruolo è il tuttofare, la paga è buona, oltre 1.000 yuan al mese. John vuole imparare l’inglese, che considera il lasciapas- sare per una vita migliore. Vuole essere «open to the world» (aperto al mondo, ndr ), lo ripete spesso durante la nostra chiacchierata. Il giovane tibetano racconta che, dopo aver messo da parte i soldi necessari, si è licenziato dal lavoro ed è partito per Canton, una meta per nulla casuale. A Canton infatti si tengono dei corsi d’inglese full immersion di una settimana chiamati «Crazy En- glish», delle lezioni comuni a gruppi di centinaia di gio- vani cinesi tenute dal celeberrimo Li Yang, il guru del- l’apprendimento dell’inglese in Cina. Tariffa giornaliera 1.000 yuan, che per una settimana fanno 7.000 yuan, ov- vero sette mesi di lavoro pieni, senza contare le spese per la sopravvivenza ed il trasporto. Dopo l’esperienza canto- nese, John ha fatto ritorno a Zhongdian ed ha trovato lo stesso lavoro di prima, ma in una guesthouse della città vecchia, a 800 yuan al mese. Nonostante abbia dilapidato presumibilmente un anno di lavoro per una settimana di english full immersion , il ri- sultato è stato oggettivamente abbastanza deludente: John si è ritrovato di nuovo impantanato nel mercato dei lavoretti stagionali, gli unici ai quali hanno accesso le fa- sce della minoranza etnica tibetana di Zhongdian e din- torni. Come mi confida un gentilissimo cameriere tibetano la sera seguente, il grosso del business lo muovono impren- ditori non autoctoni. Dal 2004, tutte le vecchie case tra- dizionali del centro sono state comprate da uomini d’af- fari provenienti dal sud dello Yunnan, dallo Zhejiang e MC I CINESI NON SONO... FEBBRAIO 2011 MC 47

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