Missioni Consolata - Febbraio 2011

FEBBRAIO 2011 MC 45 niti i musulmani senza alcuna distinzione etnica. In questo modo «hui» erano non solamente i musulmani cinesi (o che co- munque parlavano mandarino), ma anche i turchi uiguri, le varie popolazioni dell'A- sia centrale, i «saraceni», e via dicendo. La politica della Rpc, influenzata dall'e- sperienza sovietica, avrebbe invece por- tato ad una divisione tra le varie comu- nità musulmane cinesi, distinguendole secondo quei criteri storici, etnici e lin- guistici, che Stalin aveva già utilizzato in Asia centrale 1 . A partire dagli anni Cin- quanta, inoltre, grazie ad una serie di campagne di identificazione nazionale lanciate dallo stato, questi gruppi di mu- sulmani cinesi avrebbero finito per rico- noscersi come «hui», invece di definirsi, semplicemente, «musulmani». L'identità hui rappresenta oggi, all'in- terno della RPC, un esempio unico di mi- noranza nazionale priva di legami lingui- stici o territoriali, basata esclusivamente sul fattore religioso. Nonostante ciò, gra- zie alle politiche etniche della Rpc, l'a- spetto etnico - di per sé, appunto, inesi- stente - ha finito per giocare un ruolo più importante rispetto a quello religioso, evidenziando ancora una volta le motiva- zioni politiche sottese all'opera di cata- logazione etnografica portata avanti dal partito. Si potrebbe anche sostenere, in- fine, che questa stessa operazione abbia portato a compimento il percorso mille- nario di adattamento alle istituzioni ci- nesi, che i musulmani hanno dovuto af- frontare fin dal loro arrivo in Cina. Non più forestieri in una terra straniera dun- que, ma hui: «musulmani cinesi». Un ibrido identitario capace, infine, di creare un forte senso di appartenenza ad una comunità che, parafrasando Be- nedict Anderson, non potrebbe essere più immaginata 2 . Una comunità che è pura invenzione, «manufatto culturale», risultato di politiche etniche ben precise, in grado tuttavia di risvegliare tra i suoi membri un profondo senso di identità. Identità fatta di fratellanza ed orgogliosa rivendicazione culturale, per un popolo che da secoli vive un'esistenza forgiata dalle esigenze di due mondi radical- mente diversi: islam e Cina, Occidente e Oriente. A LESSANDRO R IPPA (1) L'approccio staliniano alle politiche etni- che, seguito poi anche dalla RPC, prevedeva che una nazione – o nazionalità – potesse es- sere riconosciuta come tale solo nel caso in cui possedesse le cosiddette «quattro comu- nanze»: lingua comune, territorio comune, vita economica comune e conformazione psichica comune. Come scrive lo stesso Stalin «solo se tutti i caratteri esistono congiuntamente, si ha una nazione»; Stalin, Opere Complete,Vol. II, Edizioni Rinascita, Roma 1951, p. 336. (2) Benedict Anderson, Comunità Immaginate (Imagined Communities: Reflections on the Ori- gin and Spread of Nationalism, 1983), Manife- stolibri, Roma 1996. NOTE (1) http://www.eurasiarivista.org/cogit_content/arti coli/EkulplpFyAkcnyGHPC.shtml (2) «Dove i mercanti di sette nazioni convengono ad ogni solstizio ed equinozio. (...) Non solo a ven dere e a comprare si viene a Eufemia, ma anche perché la notte, accanto ai fuochi tutt'intorno al mercato, seduti sui sacchi o sui barili o sdraiati su mucchi di tappeti (...) ci si scambia la memoria». (3) U.S. China Counterterrorism Cooperation : Issues for U.S. Policy in http://www.dtic.mil/ (http://www.glo balsecurity.org/military/world/para/etip.htm ) (4) http://www.case.edu/affil/tibet/moreTibetInfo/ documents/Front.edu.china.pdf (5) Zhonghua renmin gongheguo minzu quyu zizhifa , Pechino, 2001 (6) http://www.cacianalyst.org/?q=node/ 127 (7) http://www.southasiaanalysis.org/%5Cpa pers38%5Cpaper3776.html. MC I CINESI NON SONO... cino Kuqa che, seguendo le politiche governative inse- gna in cinese e si rende conto di quanto ciò contribuisce a creare un livello bassissimo di educazione per i bam- bini. Secondo le statistiche il 98,6% degli insegnanti è ui- guro; il restante cinese sembra non avere basi linguisti- che uigure adeguate all'insegnamento, specie nelle zone più remote. D'altra parte, gli sforzi del governo mirati a bilanciare questa situazione sono molti e quasi tutti in «favore» delle minoranze: oltre alle ricerche per i libri di testo, ci sono i sussidi per i bimbi uiguri che scelgono una scuola materna con classi bilingue, o lo sconto sui crediti per studenti non han in sede d'esame d'accesso all'università, per i quali sono previsti anche esami in lingua madre. L'Università del Xinjiang offre il corso di studio in «lin- gue e culture delle minoranze» in uiguro e kazako, ma Wang Lequan, capo del Pcc in Xinjiang dal 1994 affer- mava, anni fa, che il lavoro educativo e ideologico sa- rebbe stato una priorità nella battaglia al separatismo. Lui, che introdusse il cinese nelle scuole primarie e vietò agli uiguri impiegati in uffici governativi di portare la barba o il velo e di osservare il ramadan , è stato sosti- tuito con una nuova classe di politici nell’aprile 2010 7 . Gli uiguri si dicono fiduciosi nel cambio al governo, fidu- ciosi di persone che sembrano essere più disposte al dia- logo e al rispetto degli spazi di una cultura diversa. Nel frattempo, continuano a vivere secondo la loro musica. Tania Di Muzio

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