Missioni Consolata - Febbraio 2011

GLI HUI, I MUSULMANI CINESI UN’IDENTITA’ IN BILICO In Cina, su 55 minoranze ufficialmente riconosciute 10 sono musulmane. Una di queste è costituita dagli hui , che si differenziano dagli han soltanto per la religione. Q u ella dell'islam in Cina è una vi- cenda millenaria, le cui prime testi- monianze risalgono all'epoca Tang (618-907 d.C.) quando mercanti arabi e persiani, provenienti dalle rotte marit- time indiane, iniziarono a stabilirsi in di- versi centri del sud. Molti di loro, pur vi- vendo in quartieri separati dove gli era permesso conservare le proprie usanze ed un proprio sistema di leggi, presero in moglie donne cinesi, contribuendo non solo alla crescita numerica della comu- nità musulmana, ma gettando di fatto le basi della loro stessa assimilazione et- nica. Oggi, nella Rpc (Repubblica popo- lare cinese), ben 10 delle 55 minoranze nazionali ufficialmente riconosciute sono musulmane, tra cui la comunità hui ri- sulta essere la più numerosa superando i dieci milioni, quasi la metà del totale. En- clave hui sono presenti praticamente in ogni città e - caso unico tra le varie minzu - la religione risulta essere l'unico carattere distintivo della loro identità. Di fatto, a differenza delle altre minoranze musulmane, gli hui sono prossimi agli han da un punto di vista tanto demografico, quanto culturale. Essi non possiedono in- fatti una propria lingua, un proprio terri- torio, e spesso si distinguono dagli han solamente per le pratiche alimentari. Proprio questa dispersione sul territorio può essere una delle ragioni dell'estrema polimorfia di pratiche e credenze islami- che oggi rintracciabili all'interno delle varie comunità hui, tra cui spicca una ri- levante presenza sufi nel Nord-Ovest. Tutto ciò è viva testimonianza della pro- fonda eterogeneità della comunità nel suo insieme. La stessa identità hui, peral- tro, nasce solamente in un periodo re- cente, grazie alle politiche etniche della Rpc. Il termine «hui», infatti, è stato per secoli un contenitore piuttosto generale all'interno del quale, in Cina, erano defi- Loro malgrado. Lo dice il Dna. Lo dicono i loro capelli ricci e i nasi di falco. Lo dicono la musica, la passione per il ballo, l'espansività dei gesti, dei modi, i rapporti sociali. Lo dicono le preghiere ripetute durante la gior- nata, quando per le stradine che circondano le mo- schee di Kashgar come del più remoto villaggio, da un minareto si diffonde la voce piena e possente del muez- zin che li chiama a raccolta. Interrompono tutto, per questa pausa di preghiera. Sono di sicuro tra le mino- ranze meno sinizzate, probabilmente grazie al mante- nimento di una lingua propria che, sostenuta dalla reli- gione, porta con sé una identità molto distinta. E l'uso di questa lingua nella religione è l'unico fattore che fa credere che la lingua uigura non morirà. Ma è la lingua cinese che permette agli uiguri di Cina di avere opportunità di scambio con l'estero, che non sia Tur- chia. È tramite il cinese che si studia l'inglese e sono ci- nesi le aziende che offrono lavori migliori. Ne sono sempre più convinti anche tanti genitori uiguri, come dimostrano ricerche cinesi e non sulle politiche lingui- stiche e sociali adottate 4 . L'uiguro appartiene alle lingue turco-altaiche, di qui le similitudini e la passione uigura per la Turchia. La sua scrittura è basata su un alfabeto molto simile a quello arabo. La Costituzione cinese assicura il diritto per le minoranze di studiare nella propria lingua, e l'articolo 49 della Legge sull'autonomia regionale afferma addi- rittura che «i quadri di nazionalità han dovrebbero im- parare a leggere e scrivere le lingue delle minoranze lo- cali» 5 . La storia e la politica a questo proposito è lunga e vede molti cambi di direzione durante gli anni. Con la rivolu- zione culturale il «nuovo» per gli uiguri fu l'uso delle let- tere latine al posto di quelle uigure, producendo una ge- nerazione di analfabeti. Dopo la reintroduzione dell'ui- guro scritto, sono state lanciate le scuole miste, a mag- gioranza cinese o uigura, poi trasformate in tre tipi di scuole: cinesi, uigure e miste. Nel 2004 sono state intro- dotte classi sperimentali con la doppia lingua. Per gli uiguri, per la loro identità tali trasformazioni possono portare a cambiamenti culturali senza via di ri- torno. E una lingua scritta e parlata è forse più impor- tante dell'identità stessa, perché permette a questa identità di descriversi e di vivere. Per il governo cinese invece, l'esistenza di quella cultura ma soprattutto di quella religione, può risultare sco- moda sotto molti punti di vista. Il suo obiettivo, secondo i documenti ufficiali, è di avere, entro il 2012, l'85% delle scuole materne bilingue, cioè insegnare il cinese alla maggior parte della popolazione fin dai primi anni. E, te- mono gli uiguri, questo sarà un altro grande passo sulla strada che - piano piano - porterà alla scomparsa delle scuole e della lingua uigure. Testimoni riportano recenti campagne di confisca di libri uiguri, bruciati perché «col- pevoli» di supportare il sentimento separatista 6 . Al momento molti denunciano una situazione in genere caotica, che vede studenti uiguri delle scuole a maggio- ranza cinese non saper scrivere nella lingua madre usata oltre i recinti scolastici, mentre quelli delle scuole a maggioranza uigura notevolmente svantaggiati quando aprono la loro porta sul mondo esterno. Nelle classi sperimentali bilingue invece, vengono insegnate le materie scientifiche in lingua cinese, mentre quelle letterarie e la lingua in uiguro. È del maggio 2002 la de- cisione del governo di insegnare la maggioranza dei corsi in cinese, come mi conferma Ohelan, insegnante uigura alla scuola media del villaggio di Dunkuotan, vi- A lato: pane in vendita al mercato di Opal, paese ad un’ora a sud di Kashgar. 44 MC FEBBRAIO 2011

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