Missioni Consolata - Dicembre 2010

IL SOGNO DI KALLEBHAI Dopo le visite al complesso bud- dista di Sanchi, con lo stupa più bello del subcontinente, e alle pitture rupestri di Bimbetka, ri- salenti fino al Paleolitico, prose- guo con degli amici verso nord su strade dissestate. Giungiamo al piccolo villaggio di Udayapur, dove siamo intervistati da fotore- porter indiani, sorpresi di incon- trare degli stranieri in un sito fuori dai circuiti turistici. Ammiriamo il tempio originale e spettacolare in arenaria rossa, colonne e contrafforti cesellati con decorazioni geometriche e figurative, ma dobbiamo ripar- tire per Chanderi, unico luogo dove è possibile pernottare nella foresteria governativa. Statura piccola, capelli corti e rossi di henné , sempre sorri- dente, Kallebhai mi racconta la sua vita, in ottimo inglese: «Da bambino ho sofferto la fame. Per dare cena a me e i miei fratelli, mia madre bolliva le foglie che raccoglievo nei campi». A 13 anni Kallebhai andò a lavo- rare in una bottega, dove un giorno conobbe alcuni studiosi, incaricati dal governo di esami- nare i numerosi monumenti della zona, da secoli in stato di abbandono. Lavorando con gli archeologi imparò l’inglese, la storia e l’arte della regione di la professionalità e la tecnologia italiana. Ora raccoglie i risultati di un serio impegno. «L’azienda per cui lavoro da tanti anni è di proprietà del governo francese ed è presente in Italia, Brasile, Cina e India - mi spiega, mentre si sta riposando presso la pi- scina dell’albergo storico sulla collina di Bhopal -. Produciamo interruttori, trasformatori e blin- dati elettrici, ma qui in India si fanno le porcellane». Il costo della manodopera è 10 volte più basso che in Italia, ma quello che mi sorprende è che tali prodotti vengono fatti a Bho- pal e commercializzati nella stessa India. «Il mercato euro- peo è scarso, quindi produciamo e vendiamo nei paesi emergenti. Chiaramente la tecnologia è an- cora in mano italiana». Con un diploma di perito, conse- guito a San Donà del Piave più di 40 anni fa, Ludovico potrebbe godersi la pensione, ma l’a- zienda ha ancora bisogno della sua esperienza. Le proposte che ha ricevuto erano molto buone e lui in fondo ama il suo lavoro, anche se è stato sovente testi- mone dello sfruttamento dei la- voratori. «In India ho visto donne vestite di sari colorati, accompa- gnate dai loro bambini, lavorare nelle fonderie. E quelle di ghisa sono le peggiori». Chanderi. Oggi, 20 anni dopo, è guida abilitata dal Ministero dei beni culturali dello stato. «Un tempo Chanderi era una grande città - mi dice, indican- domi le antiche fortificazioni sulle colline -. Vi regnava la po- tente dinastia Rajput, fino al 1527, quando fu sconfitta da Ba- bur, capostipite dei Moghul ori- ginario dell’Asia Centrale; per- ché le donne non cadessero in mano nemica, il Raja ordinò la pratica suicida del jauhar ». Oggi, l’antica città regale si pre- senta come un villaggio di case modeste dove non manca mai un telaio con un ragazzino al lavoro. Ce ne sono più di 3 mila e danno lustro alla città di Chanderi con i suoi tessuti di finissimo cotone e lavorati a mano. Kallebhai abita la casa degli an- ziani genitori con i quattro fra- telli e le loro famiglie. Come da tradizione, vi è posto anche per due capre e una mucca, che si vedono girare tranquille per le vie fino a sera, quando trovano la via di casa per la mungitura. Il sogno di Kallebhai sarebbe di avere una casa tutta sua. La fi- glia ha 14 anni ed è un’abile di- segnatrice, il maschio è un bir- bone di 4 anni. «Con un lavoro saltuario come il mio - spiega - non è facile vivere. La stagione dura qualche mese in inverno e si lavora in media due volte la settimana». Lasciamo Chanderi e attraver- siamo una campagna ferma nel tempo. I lavori agricoli sono fatti senza l’aiuto di macchine, ceci e DICEMBRE 2010 MC 9 MC ARTICOLI # Le mura della città regale di Chanderi, nello stato di Madhya Pradesh, India centrale. # Il Grande Stupa di Sanchi, che risale al III secolo a.C. e racchiuderebbe le reliquie di Budda. # Le pitture rupestri di Bimbetka.

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