Missioni Consolata - Ottobre 1996

(segue da pag. 30) da integrare gradualmente i tenitori marginali con l'interno del paese e funzionare da valvola di sfogo per la pressione demografica. Tuttavia si eludeva sempre il pro- blema centrale, di portata nazionale: una radicale riforma agraria. Il go- verno incoraggiava i contadini a oc- cupare e rendere produttive le nuo- ve regioni, limitandosi a promettere modesti sussidi in denaro e attribu- zioni di appezzamenti di terra; ma poi li abbandonava alla loro sorte, senza assicurare alcun sostegno tec- nico e tanto meno creditizio, dimen- ticandosi di fornire le strutture es- senziali per un dignitoso e pacifico sviluppo nei nuovi insediamenti a- gricoli. Il «boom )) della coca Abbandonata a se stessa e di- menticata dallo stato, la popolazio- ne emigrata nelle zone di frontiera poté godere qualche anno di tran- quillità, pur vivendo ai limiti della sopravvivenza e, spesso, della mi- seria.. . Tra gli anni '70 e '80 un al- tro fenomeno caratterizzò negativa- mente la colonizzazione del Ca- queta: l'introduzione e diffusione della coltivazione della coca a fini speculativi. Altre migliaia di persone abban- donarono le regioni centrali della Colombia, per andare a coltivare coca nella foresta amazzonica. Le ragioni della nuova immigrazione erano simili a quelle dei decenni an- teriori, con l'aggiunta che la colti- vazione era molto redditizia; inol- tre, per quanto illegale, l'impotenza dello stato la rendeva anche sicura. Naturalmente la coca costituiva una <<tentazione» anche per i coloni già residenti sul tenitorio e alle pre- se con problemi di sussistenza, poi- ché la nuova coltura offriva un pro- fitto dieci volte superiore a quello delle coltivazioni tradizionali . Per- tanto nuovi e vecchi coloni sono di- ventati quasi tutti cocaleros (colti- vatori di coca). Ma la loro qualità di vita non è migliorata. La coca si è inserita in un proces- so di «sviluppo anarchico», soddi- sfacendo a domande immediate, ma anche poco durature e, inoltre, dan- nose alla vita sociale e all'ambien- te amazzonico. In realtà la coca non ha recato ai coloni alcun benessere materiale: la facilità di guadagno ha portato al- trettanta facilità di spreco; per di più il fenomeno ha causato enormi pro- blemi di convivenza umana, avvele- nata da tanta violenza, mafia, guer- riglia e repressione da parte dello stato (vedi inserto). Lo stato sta a guarda re Quale futuro per i coloni del Ca- queta? Fino a pochi anni fa lo stato colombiano non si è affatto preoc- cupato di avviare politiche di sviluppo razionali, che per- mettessero a questa zona d'integrare l'economia regionale con il merca- to di quella nazionale; non ha mai offerto al- ternative alle tradi- zionali forme di oc- cupazione e produ- zwne. Ai problemi eco- nomici si sono ag- giunte condizioni di vita sociale e politi- ca assai difficili, a causa della scarsità di accesso di ser- vizi statali e poca partecipazione delle comunità ai processi decisio- nali. Questo ha portato ad un con- flitto generalizzato: tra popolazione e ambiente, tra cittadini e istituzioni e all ' inter- no della gente stessa. A tali conflitti, nella regione amazzonica, lo stato risponde con la repressione: di- struggendo le colti- vazioni di coca e dichiarando guerra alla gueniglia. Ha cominciato a par- lare anche di «colture alternative»... Ma è soprattutto la chiesa cattolica a crederci ed operare concretamente, per dimostrare che anche il Caqueta (e l 'Amazzonia colombiana in gene- rale) può diventare luogo di svilup- po economico-sociale. Questo, venendo incontro alle le- gittime aspirazioni dei contadini e salvaguardando l ' ambiente. Ma è solo l'abc di un «alfabeto» tutto da comporre. •

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