Missioni Consolata - Luglio 2022

LA LEGGE Il 14 dicembre 1972 la Commissione Difesa della Camera approva finalmente la legge che la riconosce. La mobilitazione della società civile ha coinvolto deputati dei diversi partiti, riuniti dall’indipendente di sinistra Luigi Anderlini in una Lega per il riconoscimento dell’obiezione di coscienza. Episodio determinante, tuttavia, è il digiuno dei due militanti radicali Marco Pannella e Alberto Gardin che dura 38 giorni coinvolgendo larghe componenti della società civile e ottenendo la solidarietà di personalità della cultura francese e tedesca, tra cui tre premi Nobel. Il clamore mediatico spinge infine * ITALIA 30 luglio 2022 MC © Tiziana FABI / AFP chilometri da Perugia ad Assisi. L’anno successivo ha fondato il Movimento nonviolento che si è dotato di un braccio operativo, i Gruppi di azione nonviolenta: a guidarli è stato chiamato Pietro Pinna. Le loro azioni dimostrative nonviolente, spesso chiuse dall’intervento repressivo della polizia, hanno portato la richiesta del riconoscimento dell’obiezione di coscienza nei centri cittadini, attraverso sit in, marce, digiuni. Intanto un democristiano, Nicola Pistelli, e due socialisti, Lelio Basso e Luciano Paolicchi, nel 1964 hanno presentato alla Camera tre progetti di legge, ma la politica non è ancora pronta. IL SESSANTOTTO Il Sessantotto irrompe nella società italiana raccogliendo istanze maturate nel corso del decennio e rimaste irrisolte. Anche l’obiezione di coscienza ne è coinvolta. Muta il lessico: da una tensione spirituale si passa a una dimensione politica. Nei nuovi movimenti antimilitaristi, nelle dichiarazioni degli obiettori, il rifiuto del servizio militare a favore di un servizio civile da destinare ai più deboli è visto come parte della lotta di classe. Cambia inoltre la forma dell’obiezione: a partire dal 1971 sorgono gruppi che presentano collettivamente il rifiuto del servizio militare con una dichiarazione congiunta. Divulgano la dichiarazione nelle piazze, decidono il momento della consegna alle autorità, si «auto distaccano» in servizi a favore degli emarginati attendendo l’arresto. Sono cattolici, anarchici, libertari, radicali con un linguaggio comune. Alle manifestazioni non partecipa più una manciata di giovani, ma centinaia, talvolta migliaia. A partire dal 1967, tutti gli anni, una marcia antimilitarista sfila da Milano a Vicenza (in seguito sarà da Trieste ad Aviano) passando davanti al carcere di Peschiera del Garda per manifestare solidarietà agli obiettori detenuti. Alla mobilitazione tradizionale del Movimento nonviolento, orfano di Capitini, morto nel 1968, si affiancano nuovi soggetti, su tutti il Partito radicale. Non mancano i momenti di tensione: durante alcune manifestazioni, i pacifisti sono aggrediti da militanti di estrema destra o dalle forze dell’ordine e sottoposti a processo. Rispetto ad altre iniziative di piazza, in queste il grado di violenza rimane basso e unilaterale. ATTENZIONE CRESCENTE Anche nel mondo cattolico prorompe dalle nuove generazioni una richiesta di rinnovamento. Gli orrori della guerra nel Vietnam generano un’attenzione crescente verso il tema dell’obiezione e della nonviolenza che viene incanalata in particolare dal movimento di Pax Christi (nato in Francia nel 1945, arrivato in Italia nel 1954 per desiderio di mons. Montini, futuro Paolo VI), guidato dal 1968 dal vescovo di Ivrea Luigi Bettazzi. Tale sensibilità coinvolge anche le gerarchie della Chiesa, le quali già si confrontano con le esperienze radicali della «teologia della liberazione» - della quale diventa simbolo Camillo Torres - che contempla la lotta armata contro l’oppressione. I pronunciamenti a favore dell’obiezione di coscienza si moltiplicano: Paolo VI vi fa cenno nella Populorum progressio, vescovi come Carraro a Verona e Pellegrino a Torino esprimono solidarietà agli obiettori. Nel 1971 il Sinodo dei vescovi invita le nazioni a «favorire la strategia della nonviolenza» e a «regolare mediante le leggi l’obiezione di coscienza».

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