Missioni Consolata - Novembre 2021

E la chiamano economia 68 novembre 2021 MC fornitori o concorrenti. Pertanto, quando si parla di riforma della giustizia si pensa soprattutto a rendere più spediti i contenziosi civili in cui le imprese incappano con grande frequenza. E se, nel caso della giustizia, la preoccu- pazione è che la riforma possa essere solo parziale, nel caso degli appalti il timore è che, pur di accelerare i lavori, si indeboli- scano i controlli sull’impatto am- bientale delle opere, sulla cor- rettezza contabile delle im- prese, sulle loro eventuali con- nessioni con soggetti mafiosi, sul rispetto dei diritti dei lavora- tori. Del resto già in passato ab- biamo visto come il concetto di riforma fosse tutto impostato in chiave pro imprese e pro inve- stimenti, trasformandosi, di fatto, in un processo di demoli- zione dei diritti dei lavoratori nel campo delle assunzioni, dei licenziamenti, della sicurezza, dell’attività sindacale. Dunque, è meglio drizzare le orecchie quando sentiamo pronunciare la parola «riforme». LE SEI «MISSIONI» DEL PIANO Volendoci focalizzare sulle spese previste dal Pnrr, che poi rappresentano l’argomento forte del piano, si possono analizzare sotto vari profili: per finalità, per settori, per ripartizione geogra- fica, per ricaduta sociale per rica- duta ambientale. Ma volendo se- guire l’ordine espositivo utiliz- zato dal Pnrr, si può senz’altro cominciare dicendo che le spese sono suddivise in sei grandi capi- toli, più religiosamente definiti «missioni»: innovazione, transi- zione ecologica, mobilità sosteni- LE RIFORME: QUALI E PER CHI? Va precisato subito che nes- suno distribuisce pasti gratis e, analizzando meglio l’offerta dell’Unione europea, si scopre che essa condiziona il proprio sostegno alla realizzazione di una serie di riforme che, a suo avviso, i singoli paesi devono adottare per migliorare la pro- pria situazione e di riflesso quella dell’Unione europea. Non a caso il Pnrr elenca un nu- mero indefinito di riforme che lo stato italiano si impegna a rea- lizzare in ambiti che spaziano dalla giustizia al fisco, dalla pub- blica amministrazione alla con- correnza. Tutte con ottimi pro- positi considerato che, secondo il Pnrr servono per garantire al paese equità, efficienza, cele- rità. Parole rassicuranti, ma fin- ché gli annunci non si trasfor- mano in proposte di legge ri- mane difficile capire dove an- dremo davvero a parare e se si tratta di modifiche condivisibili. A gettare acqua sulle aspetta- tive c’è che il Pnrr pone troppa enfasi sulla crescita dandoci la sensazione che le riforme siano finalizzate solo a creare un con- testo attraente per gli investitori e a rendere più spediti i progetti di investimento. In questa prospettiva, ad esem- pio, si possono leggere la riforma della giustizia e degli appalti . Da tempo tutti gli orga- nismi internazionali denunciano che la lentezza della giustizia italiana tiene alla larga gli inve- stitori stranieri che non soppor- tano l’idea di dover aspettare anni per risolvere eventuali liti commerciali con i propri clienti, troppo brevi che la concomi- tante caduta del governo ha ul- teriormente corroso. Fatto sta che nel paese non c’è stato di- battito e neanche il Parlamento ha avuto la possibilità di dire la sua. L’unico progettista è stato il governo, prima sotto la guida di Conte, poi di Draghi, mentre il Parlamento si è limitato a una funzione poco più che notarile con tempi di discussione che hanno permesso solo dichiara- zioni di voto. I FONDI IN GIOCO: 236 MILIARDI DI EURO Alla fine i soldi complessivi che il Pnrr conta di spendere entro il 2026, ammontano a 236 miliardi di euro, 44 in più di quelli messi a disposizione dall’Unione euro- pea tramite il Recovery fund . Un’aggiunta, in parte finanziata da prestiti ottenuti direttamente dal sistema bancario e finanzia- rio (Fondo complementare), in parte da ulteriori sostegni offerti dall’Unione europea attingendo a un fondo speciale denominato React. Volendo ricapitolare, le fonti di finanziamento si possono analiz- zare sotto due grandi profili: la provenienza e la natura. Dal punto di vista della provenienza, l’87% giunge dall’Unione euro- pea, il rimanente 13% dal sistema creditizio privato. Dal punto di vi- sta della natura, si tratta per il 65% di prestiti e per il 35% di somme a fondo perduto. In ter- mini monetari, mettendo insieme i soldi provenienti dal Recovery fund e quelli ottenuti dal fondo React , le sovvenzioni a fondo perduto sono 82 miliardi. Ma sa- rebbe sbagliato considerarli tutti in entrata perché l’Unione euro- pea conta di recuperare i soldi che regalerà tramite un aumento di contribuzione da parte degli stati membri. Sulla reale entità della somma netta incassata dal- l’Italia esistono numerosi calcoli molto diversi fra loro. Alcuni danno un’entrata netta di circa di 10 miliardi di euro, altri di una quarantina di miliardi. La verità è che le incognite sono ancora troppo ampie per azzardare ipo- tesi fondate. © European Union - Dario Pignatelli

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