Missioni Consolata - Novembre 2015

perché per avere il denaro necessario a comprare le merci, a meno che non si viva di rendita, oc- corre lavorare nella produzione di merci, o nei servizi necessari al funzionamento di una società che tende a mercificare tutto, in cambio di un red- dito monetario. Pertanto la crescita ha sempre avuto bisogno di costringere, con la forza legale dello stato, integrata da forme di forza illegale, e allo stesso tempo di convincere, con l’uso dei mezzi di comunicazione di massa, un numero cre- scente di persone a passare dall’economia di sus- sistenza all’economia mercantile. Un’economia finalizzata alla crescita della produ- zione di merci ha bisogno di distruggere le econo- mie di sussistenza e di avviare flussi migratori dalle campagne alle città, prima in ambito regio- nale (come è avvenuto in Italia nella prima metà del Novecento), poi a livello nazionale (come è av- venuto in Italia nella seconda metà del Nove- cento), poi a livello internazionale, come è avve- nuto in Europa a partire dagli anni Ottanta del se- colo scorso con l’arrivo di migranti dai paesi del- l’Est e dall’Africa. «Dobbiamo aprire le nostre porte» L’11 maggio 2015 il banchiere Carlos Moedas, Commissario europeo alla ricerca, all’innovazione e alla scienza, ha dichiarato all’emittente francese Europe1 : «Bisogna avere più immigrati in Europa. L’immigrazione è necessaria alla crescita ed è certo che se potessimo avere più persone, po- tremmo avere più crescita. Il mio messaggio ai francesi e all’Europa è che dobbiamo aprire le no- stre porte». Con una sintonia che potrebbe stu- pire, il XXIV Rapporto Immigrazione dal titolo Migranti, attori di sviluppo , presentato il 4 giugno 2015 all’Expo di Milano dalla struttura della Chiesa cattolica che si occupa di questo problema, la Caritas/Migrantes, ha messo in evidenza che i migranti costituiscono una ricchezza per l’Italia, perché producono l’8,8% del prodotto interno liquidcrash/Flickr.com Planète àvendre/Flickr.com Planète a vendre/Flickr.com escono più a ricavare dalle loro terre il necessario per vivere, a volte anche a causa di guerre sangui- nose e interminabili. D’accordo, ma perché così tante persone non riescono più a ricavare da vi- vere dai luoghi in cui per migliaia di anni sono vis- suti i loro antenati, e perché quei luoghi sono di- ventati teatri di guerra? Queste domande non solo non ricevono risposta, ma non vengono neppure formulate. Eppure, se non si capiscono le cause, non si può nemmeno tentare di rimuoverle, e se ci si limita a cercare di attenuarne le conseguenze, si può addirittura correre il rischio di rafforzarle. Le migrazioni: necessarie per la crescita La prima considerazione da fare è la seguente: le migrazioni sono una necessità intrinseca delle economie che hanno finalizzato le attività produt- tive alla crescita. Lo sono state sin dall’inizio della rivoluzione industriale in Inghilterra nella se- conda metà del Settecento, quando in conse- guenza di alcune leggi vessatorie contro l’agricol- tura di sussistenza, i contadini non riuscirono più a ricavare dalle loro terre ciò di cui avevano biso- gno per vivere, e furono costretti a emigrare nelle città, nelle quali trovavano da lavorare come ope- rai nei primi opifici in cambio di un misero reddito monetario che li metteva in condizione di com- prare, sotto forma di merci, i beni che non pote- vano più autoprodurre. Senza le migrazioni for- zate degli ex contadini, l’industria non avrebbe trovato la manodopera di cui aveva bisogno per produrre merci, e nemmeno un numero suffi- ciente di persone provviste di reddito monetario in grado di acquistare le merci prodotte. La crescita della produzione industriale, con cui è stato identificato il benessere, richiede un au- mento costante di produttori e consumatori di merci, che sono due facce della stessa medaglia,

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