Missioni Consolata - Ottobre 2015

• Geopolitica | Economia | Africa | Ong • MC ARTICOLI l’Iran che, per anni, diventa un partner strategico per Ankara. Le Primavere arabe Sarebbe limitante, però, vedere il «Neottomanesimo» solo in chiave economica. La nuova poli- tica turca si è nutrita anche di una visione politica che si è rivelata «attraente» per molti paesi arabi. Da anni, la Turchia si presenta come un paese musulmano nel quale un partito islamico governa secondo i principi della democra- zia. Questa impostazione è diven- tata un modello di riferimento per quelle nazioni che, uscite dalle rivolte arabe, stavano cer- cando nuovi assetti politico costi- tuzionali. «Va detto - osserva Va- leria Talbot, ricercatrice dell’Ispi, esperta in Medio Oriente e Nord Africa - che i rapporti politici con i paesi del Medio Oriente e il Nord Africa hanno subìto diverse fasi. Dopo la Primavera araba, la Tur- chia era certamente un modello politico da imitare. Il successo delle visite di Erdoğan in Egitto e di Davutoğlu in Tunisia ne sono la dimostrazione più lampante. La successiva apertura alla Fratel- lanza musulmana ha però creato tensioni con i paesi del Golfo e OTTOBRE 2015 MC 61 con lo stesso Egitto. Solo da qual- che mese i rapporti con Riad sono nuovamente migliorati e si sono registrate convergenze sul dos- sier siriano». È proprio in questo legame con la Fratellanza che molti hanno visto il limite della politica del presi- dente turco. «Erdoğan cercava di prendere sotto la propria prote- zione la Fratellanza musulmana internazionale - osserva Dacrema -. Voleva diventare cioè un mo- dello per gli altri paesi. Un pro- getto ostacolato tanto dalla Fra- tellanza egiziana, che da sempre ha un ruolo di guida dell’organiz- Q uello tra Somalia e Turchia è un rapporto che affonda le radici nei secoli. A partire dal XVI e fino al XIX secolo l’Impero Ottomano corse più volte in soccorso dei somali, in partico- lare per contrastare le mire egemoniche del Porto- gallo e, poi, quelle del Regno Unito. Ma è nel 2011 che questo rapporto antico riprende vita. In quel- l’anno, la Somalia vive una violenta crisi umanita- ria che ucciderà 260 mila persone falciate dalla ca- restia e dalla guerra civile. Il paese del Corno d’A- frica è allo stremo e le immagini di quella tragedia arrivano in Turchia. L’allora premier Recep Tayyip Erdogan (oggi presidente) ne rimane colpito e, nel- l’agosto di quell’anno, decide di recarsi a Mogadi- scio. Sarà il primo capo di stato non africano a visi- tare il paese dal 1991, cioè dalla destituzione del presidente Siad Barre. Da allora il rapporto tra i due paesi si fa sempre più stretto. La Turchia sostiene il Governo di transizione gui- dato dal presidente Hassan Sheikh Mohamud e si offre di ricostruire alcune infrastrutture andate di- strutte durante il conflitto: l’aeroporto e il porto di Mogadiscio, un ospedale, una moschea, campi per i rifugiati, reti di acqua potabile e servizi di raccolta rifiuti. Riorganizza alcune scuole e offre borse di studio nelle università turche. Riapre anche l’am- basciata a Mogadiscio e la Turkish Airlines inau- gura una linea diretta Istanbul-Mogadiscio. Ma quanto è avvertita questa presenza turca in So- malia? Ne abbiamo parlato con mons. Giorgio Ber- tin, vescovo di Gibuti e amministratore apostolico di Mogadiscio, profondo conoscitore della Somalia. «L’influenza turca in Somalia - spiega - è forte. Per accorgersene è sufficiente atterrare all’aeroporto dove non solo si è accolti da un nuovo terminal co- struito dai turchi, ma l’intero scalo passeggeri è di- retto proprio dai turchi attraverso personale turco e somalo. In città poi alcune strade sono state ri- fatte da imprese di Ankara. Il vecchio ospedale Degfer è stato completamente ricostruito con fondi turchi. Si potrebbe continuare... ». Quella turca è un’influenza solo politica ed eco- nomica? «Certamente è influenza politica ed economica, ma anche culturale. Le borse di studio offerte a somali e gibutini avranno un grande peso nella formazione delle future classi dirigenti somale». Quale ruolo gioca la comune fede nell’islam sun- nita? «Questi crescenti rapporti tra Turchia e Somalia sono rafforzati anche dall’islam sunnita che en- trambi professano. L’islam resta un canale privile- giato che la Turchia utilizza, forse anche alla ri- cerca di un nuovo modello che ricalchi l’influenza dell’antico Impero Ottomano». Anche a Gibuti si avverte questa presenza turca? «Sì, anche a Gibuti l’influenza turca è in crescita: da più di un anno c’è una ambasciata, borse di stu- dio sono offerte ai giovani gibutini, imprese turche sono all’opera in diverse parti del paese (per esem- pio una di esse ha rifatto la strada del Gran Barrà, circa 30 km). Prodotti turchi si trovano nel mer- cato locale. Nel cuore della città di Gibuti è in co- struzione un centro culturale e religioso. L’atten- zione verso Gibuti è dimostrata anche dalla re- cente visita di Erdogan che è stato ricevuto dal presidente gibutino Ismail Omar Guelleh». Enrico Casale Relazioni tra Somalia e Turchia: ne parla monsignor Giorgio Bertin Amici nei secoli

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