Missioni Consolata - Ottobre 2015

52 MC OTTOBRE 2015 «Durante il mio primo mese a Catrimani andavo a cacciare o pescare quasi tutti i giorni. Dovevo provvedere la carne per i lavoratori e per quelli che venivano con me. Praticavo la caccia con la carabina, mentre si pescava in riva al fiume, ma era molto difficile senza barca. A dire il vero gli Yanomami ci vedevano con simpatia perché attra- verso noi potevano ottenere manufatti a cui prima non avevano accesso: coltelli di acciaio, machete, scuri, ami, lenze, fiammiferi e altro ancora». Indios, «caboclos», «civilizados» «Nel 1975 arrivò un nuovo vescovo, dom Aldo Mongiano, missionario della Consolata, che cono- sceva poco la realtà locale, poiché proveniva dal Mozambico e non aveva alcuna esperienza di Bra- sile. All’inizio non riusciva a comprendere la si- tuazione e noi missionari cercavamo di fare pres- sione su certe sue decisioni. Il vescovo insisteva sul dialogo, ma il potere locale non aveva nessuna intenzione di dialogare: il solo obiettivo era di con- tinuare a lasciare immutata la situazione degli in- digeni. Dopo circa due anni cominciò a parteci- pare ad alcune riunioni nei villaggi indigeni e ad ascoltare quello che gli indios dicevano. Cose che noi cercavamo di fargli capire da tempo. Allora si rese conto che veniva usato dal potere locale e cambiò il suo modo di agire prendendo decisioni coraggiose insieme a noi». «A Roraima, i gradini della “civiltà” erano sostan- zialmente tre. Su quello più basso c’erano gli indios: erano quelli che non usavano vestiti e che vivevano nella foresta. Erano definiti “ bravos ” (selvaggi, in- somma). Quelli della savana, che usavano qualche capo di vestiario e a volte parlavano un pò di porto- ghese, erano chiamati caboclos . Gli altri erano i ci- vilizados . Questi ultimi facevano quello che vole- vano con modalità più o meno eleganti. Alcuni di- vennero poi nemici della Chiesa perché questa ini- ziò a prendere decisioni forti, arrivando a parlare in maniera chiara in difesa della causa indigena». «I civilizados facevano apparire il mondo indigeno come un’isola fortunata dove tutti stavano bene. In realtà gli indios e i caboclos non avevano alcun diritto. Varie volte ho visto giovani indigeni che la- voravano senza stipendio per il proprio padrone in cambio di cose di pochissimo valore o di be- vande alcoliche. Gli indios erano completamente soggiogati, a tal punto che sovente i civilizados erano invitati a fare da padrini di battesimo. La cosa era andata avanti per generazioni e una parte degli indios si era abituata e difendeva gli invasori a tal punto che, quando ci fu la lotta vera per la definizione del territorio, una parte di loro era contraria. Ritenevano che, se gli invasori fos- sero andati via, gli indios sarebbero rimasti privi degli “aiuti” che costoro davano loro. Una volta parlai con un gruppo di Yanomami la cui terra era Sopra : Pedro Yanomami, un anziano sciamano non vedente, tiene in braccio un neonato, suo nipotino. Pagina accanto : a riposo su un’amaca (oggi di cotone, in passato di cortec- cia o di liane). © Daniele Romeo / 2015

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