Missioni Consolata - Agosto/Settembre 2015

AGOSTO-SETTEMBRE 2015 MC 47 DOSSIER MC SONO ANCH’IO ITALIA I l volo era durato appena venti minuti, Pantel- leria vista dall’alto aveva la forma di un rene umano, ma la cosa più inquietante è che appa- riva piccolissima: non avrei mai creduto che il pilota, dopo averci miracolato evitando con cura i cocuzzoli delle montagne limitrofe, sarebbe anche riuscito a centrare quella pista così piccola da ri- cordare le portaerei in uso durante la Seconda guerra mondiale! Non sapevo dove andare, ma non mi preoccupavo più di tanto: mi avevano detto che per giungere alla scuola del paese, sarebbe stato sufficiente chiedere un passaggio ad uno di quei panteschi molto disponibili che passano casualmente dalle parti dell’aeroporto proprio all’ora degli arrivi, e che per soli cinque o dieci euro ti fanno il «favore» di accompagnarti in macchina, persino davanti alla scuola. In effetti, in 5 minuti ero già arrivata. Dopo le pra- tiche di segreteria e le presentazioni col personale della scuola e con il preside, al suono della campa- nella finalmente era giunto il momento di entrare in classe. Per rompere il ghiaccio cominciai a presentarmi scrivendo il mio nome sulla lavagna e parlando un po’ di me. Ero riuscita ad attirare la loro atten- zione, adesso toccava a loro presentarsi. Mentre i più audaci facevano a gomitate nel contendersi la parola, non poté passare inosservata, seduta al primo banco della fila centrale, una ragazza dagli occhi grandi e scuri: era magrolina, ben vestita, e sembrava molto riservata. La presentazione della classe procedeva rapida e ordinata: tutti volevano fare bella figura! Dulcis in fundo toccò a Keréne, la ragazza al primo banco, che timida- mente sorrise e dopo un paio di tentativi, lodevoli ma buffi, rinunciò alla sua impresa. I compagni mi spiegarono che non parlava bene l’italiano perché era arri- vata in Italia da pochi mesi. La mattina seguente, misi sul banco di Keréne il dizionario di francese. Avevo un’intera classe da seguire e non avrei potuto dedicare troppo tempo a lei, che comunque sembrava aver gradito la no- vità. Per sondare la classe e le eventuali lacune gram- maticali, decisi di assegnare un tema. Volendo dare a tutti la possibilità di scrivere senza problemi, scelsi un titolo aperto : «Una giornata indimenticabile…» Keréne, si tuffò sul dizionario e per due lunghe ore non staccò mai gli occhi dal foglio. Tutti si fer- marono per la ricreazione, ma lei, caparbia, conti- nuò a scrivere. Quella che per tutti gli altri era la lingua madre per lei era un ostacolo da dover ag- girare! A fine giornata, dopo aver ritirato tutti gli elabo- rati, mi avviai verso casa. Tra un panino e un caffè, cominciai la correzione dei temi della III B. In quei fogli c’era di tutto: da Disneyland alle Pira- midi, dal primo bacio alla Play-Station II. Ma ad un tratto il registro cambiò: il tema di Ke- réne si presentava con una grafia pulita ed ordi- nata… MARIA ENRICA SANNA E KERÉNE FUAMBA [ITALIA E CONGO] (*) CONGLI OCCHI DI KERÉNE © Chiara Giovetti

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