Missioni Consolata - Giugno 2015

corsi d’acqua, un mare e un lago, il Tonle Sap, pe- scosi e alcuni dei siti archeologici più straordi- nari al mondo potrebbero garantire un relativo benessere a tutta la popolazione. Eppure così non è. La Cambogia non è mai ri- uscita a superare lo stallo di Kampuchea Demo- cratica. L’evidenza dell’inefficienza e dell’incuria con cui le autorità locali e nazionali (con la complicità della comunità internazionale) trattano la stessa cultura khmer si manifesta ad Angkor, sito in cui ogni anno si riversano più di due milioni di per- sone trasportate da pullman, tuc tuc, macchine private, motorette. Una volta scese, le masse di turisti invadono i centri archeologici senza ri- spettare le più elementari regole di educazione artistica e storica. Più che dai Khmer Rossi e dalle guerre, Angkor è stato e continua a essere devastato dall’inquinamento e dagli eserciti dei turisti, la maggior parte dei quali si dimostra completamente disinteressata a tutto quello che il sito archeologico rappresenta. Da parte loro i funzionari ministeriali si preoccupano solo di ac- crescere il numero dei visitatori, visto che ognuno di essi paga la bellezza di 20 dollari al giorno per visitare il sito. L’esempio di Angkor, della corruzione dilagante e del degrado morale a cui si è ridotta la società cambogiana rimangono i cavalli di battaglia di chi cerca di rivalutare, se non Kampuchea Democra- tica, almeno la classe dirigente Khmer Rossa. E, con la classe politica che oggi governa la Cambo- gia, non è difficile trovare chi, seppur provocato- riamente, rimpiange il passato. • GIUGNO 2015 MC 45 ria (obiettiva) le sue acrobatiche manovre politi- che per restare aggrappato al trono regale soste- nendo la dirigenza khmer rossa sin dal 1970; Hun Sen, attuale primo ministro e da tempo padre-pa- drone della nazione, avrebbe dovuto raccontare come aiutò Pol Pot a conquistare il potere e come si trasformò nel suo più violento accusatore. La scuola non è ancora pronta ad affrontare se- riamente il periodo di Kampuchea Democratica. Quattro decenni, se possono sembrare tanti per la nostra percezione del tempo immediato, sono un’inezia per la storia e per potersi confrontare con essa con obiettività. La Cambogia post Khmer Rossi è corrotta nel suo interno. Nell’animo, si potrebbe dire. Le spe- ranze di ricostruire un paese nuovo, libero e mo- ralmente virtuoso, si sono infrante di fronte agli scogli del potere. Un potere personificato in primo luogo dai politici: da Hun Sen, al governo ininterrottamente dal 1993, ma anche dall’incon- cludente Sam Rainsy, esponente di spicco dell’op- posizione. Non sorprende, quindi, il disinteresse con cui i cambogiani hanno seguito e stanno seguendo le fasi del processo ( scheda a pag. 40 ). Fatto che di- mostra quanta sfiducia vi sia nella nuova classe dirigente. Angkor, specchio del degrado La Cambogia, paese relativamente poco popolato (15 milioni di abitanti sparsi su 181 mila kmq), po- trebbe essere una nazione tra le più ricche del Sud Est Asiatico. Un sottosuolo ricco di rubini, un terreno fertile e attraversato da innumerevoli DOSSIER MC CAMBOGIA

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