Missioni Consolata - Giugno 2015

38 MC GIUGNO 2015 La crescita e la vittoria dei Khmer Rossi Le bombe che «innaffiavano» le risaie cambo- giane, si trasformarono in sementi per il minu- scolo e pressoché inerme movimento di guerri- glia locale, i semisconosciuti (allora) Khmer Rossi. Un termine, Khmer Rossi ( khmer kro- hom ), coniato in senso dispregiativo da Sihanouk nel 1966, che, così come fu per i Viet Cong, si tra- sformò in un potente simbolo propagandistico del movimento guerrigliero. Lo stesso Sihanouk, nel 1955 in uno dei suoi rari momenti di lucida saggezza, descrisse con sor- prendente intuizione un eventuale paese gover- nato dai comunisti: «Non ci sarà felicità. Tutti la- voreranno per il governo. Nessuno guiderà mac- chine o moto o indosserà bei vestiti: tutti vesti- ranno di nero, tutti esattamente allo stesso modo. Non ci saranno cibi gustosi da mangiare. Se tu mangerai più di quanto ti sia concesso, il governo verrà a saperlo segretamente dai tuoi figli, sarai portato via e ucciso». Alla fine degli anni Sessanta, i Khmer Rossi erano solo duemila, tutti sotto la direzione del Partito dei Lavoratori della Repubblica Democra- tica del Vietnam e tutti con mansioni di gregari. Il loro esercito (se così si poteva chiamare) nel 1969, quando iniziarono i bombardamenti, con- tava sì e no qualche decina di guerriglieri dotati di vecchi fucili, retaggio della Seconda Guerra mondiale e totalmente inadeguati alla lotta ar- mata. Un anno dopo, il gruppo, a cui nel frattempo aveva dato il suo appoggio re Sihanouk (incu- rante della sua stessa profezia), spodestato il 19 marzo 1970 da Lon Nol con l’aiuto della Cia, aveva ancora tremila unità, salite a diecimila alla fine del 1970. Nel frattempo i bombardamenti, non più segreti perché a Washington erano stati svelati a un atto- nito Congresso, furono sospesi, ma la miccia co- munista era stata accesa e nessuno sarebbe stato più in grado di spegnerla. Nel marzo 1973, quando la guerra si era allargata in tutta la Cambogia, il Pentagono decise di dare avvio a una seconda campagna per estirpare il «cancro rosso». Cinque mesi più tardi la cura venne di nuovo sospesa dal Congresso, ma nel frattempo erano cadute al suolo 250.000 tonnel- late di esplosivo. Fu durante questa seconda fase che i Khmer Rossi riuscirono a far fruttare tutta la loro po- tenza ideologica e politica. In breve tempo collet- tivizzarono i territori liberati e, già nel 1974, l’e- sercito governativo di Lon Nol si limitava a con- trollare solo le città più importanti. La resa del 17 aprile 1975 fu, quindi, l’ultimo atto di una serie di clamorosi errori sociali, politici e tattici commessi sia dagli Stati Uniti, sia dagli stessi politici cambogiani susseguitisi alla guida dei governi del paese. Il 17 aprile 1975 tutta la nazione cadde nelle mani dell’allora sconosciuto Saloth Sar, che l’anno se- guente diverrà primo ministro (mantenendo la carica di segretario del Partito comunista) col nome di Pol Pot. Pochi giorni prima, i cittadini di Phnom Penh, stremati e impauriti da una guerra imposta da stranieri, avevano visto un elicottero atterrare sul tetto dell’ambasciata statunitense. Assieme a pochi eletti, vi era salito anche l’ambasciatore John Gunther Dean. Tra le mani stringeva un fa- gotto piegato alla bell’è meglio: la Stars and Stri- pes . La bandiera era sventolata per la prima volta in una Cambogia relativamente felice, prospera e pacifica. Quel giorno la lasciava devastata, mise- rabile e con un futuro incerto: nessun cambo- giano, allora, rimpianse la sua partenza. La Cambogia, coinvolta suo malgrado nella guerra del Sud Est asiatico, sembrò ritrovare la via della pace. Così non fu. L’esperimento finì a «S-21» Kampuchea Democratica fu un esperimento unico e drammatico. Tuttavia, a differenza di quanto la nostra idea ci porti a immaginare, la vita sociale, i rapporti comunitari, gli orari di la- voro, persino le libertà individuali dei cambogiani

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