Missioni Consolata - Maggio 2015

un ponte di pace e di dialogo con il mondo, testimoniando con le opere concrete i valori in cui cre- diamo, evitando le parole e i giu- dizi che, se espressi con legge- rezza, sono in grado di provocare incomprensioni e risentimento. Forti del favore che i missionari hanno saputo costruirsi nel corso degli anni, siamo stati accolti da tutti quelli che abbiamo incon- trato con grande cordialità e ami- cizia, invitati a entrare nelle ca- panne e a sedere al loro fianco. In questo angolo remoto del Kenya nel corso degli anni sono state realizzate con successo di- verse strutture: ospedali e centri sanitari, scuole anche nei villaggi più remoti, centri di formazione professionale e religiosa. L’im- pronta che i nostri missionari, e chi ha lavorato e lavora insieme a loro, ha lasciato qui è molto forte, e molte persone incontrate li ri- cordano con commozione, ri- spetto e gratitudine. Ma non sarebbe giusto parlare di queste terre solo coniugando ogni verbo al passato. Anche oggi que- sti missionari, con sempre meno fondi, lavorano volontariamente in una maniera estremamente «professionale», riempiendo di amore e compassione ogni loro atto. Siamo stati testimoni di drammatiche realtà alle quali era difficile anche solo assistere come osservatori. Ciò che è stato realizzato finora è miracoloso. Ma la sabbia del de- serto e il tempo rischiano di can- cellare ogni cosa. In quei luoghi i bisogni sono ancora tantissimi e chi opera ogni giorno per farvi fronte va sostenuto con impegno e costanza, perché nulla di ciò che è stato e che ancora vive vada perduto. Ai missionari dico: gra- zie, coraggio e avanti in Domino ! Stefano Camerlengo superiore generale dei Missionari della Consolata __________________ 1 La «visita canonica» è un obbligo che un superiore generale deve adempiere durante il suo mandato. Ha aspetti for- mali e ufficiali di verifica di tutte le comu- nità locali, dell’economia e attività del gruppo visitato, ma è soprattutto un av- venimento di gioioso incontro di ogni missionario con il suo superiore e del su- periore con il vissuto dei suoi fratelli mis- sionari. Padre Stefano è stato in Kenya dall’11 gennaio al 2 marzo 2015, visi- tando il Samburu dal 2 al 10 febbraio. C aldo opprimente, strade sabbiose sulle quali è per- sino difficile camminare, vegetazione rada e spinosa. Se la vita nei villaggi africani cui siamo abituati sembra difficile, questa appare addirittura impos- sibile. Dove questa gente tragga acqua e alimenti è un mistero per noi, che non penseremmo mai di bere l’acqua salmastra del lago come invece fanno loro. In questo paesaggio riarso dal sole, migliaia di famiglie conducono una vita «normale» fatta di gesti semplici e quotidiani. Non è difficile com- prendere come mai la gente del deserto abbia sviluppato un carat- tere e un fisico così coriacei. I Samburu e i Turkana sono gente dura e orgogliosa, inasprita da una vita che non dà molto ma ri- chiede tutto. Essi popolano fin dai tempi antichi l’intero Nord Est del Kenya, regione semidesertica morfologicamente più simile al Nord Africa che non all’Africa sub- sahariana. Essere cristiani in questi luoghi è assai complicato. L’importanza del lavoro missionario che viene svolto tra mille difficoltà ogni giorno è proprio questa: costruire KENYA # Pag. 25 : bambini a Komote alla El Molo Bay. | Pag. 26-27 : gruppo di donne samburu e donne turkana danzano il benvenuto a padre Stefano a Loyangalani; capanne El Molo a Komote; veduta del Lago Turkana; p. Stefano con i padri Aldo Giuliani e Dietrich Pendawazima (vice generale) a Sererit. | Qui sotto : l’impressionante bellezza dei Monti della Luna dove si trova il campo della missione di Sererit.

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