Missioni Consolata - Aprile 2015

bine dell’«infantàrio» (centro nu- trizionale), che ci accolsero con canti, danze e torte da loro pre- parati. Il giorno dopo ci fecero conoscere la parrocchia, i suoi animatori e i suoi operai. Tutta la missione contava circa 60 mila abitanti e 170 comunità cristiane. Giancarlo venne nominato responsabile tecnico: si sarebbe occupato dei mille lavori che una missione comporta e anche della forma- zione professionale di manovali e operai specializzati. Il suo campo d’azione divenne l’officina, che provvedeva alla manutenzione degli autoveicoli e dei mulini. La veneranda Land Rover dei mis- sionari aveva le portiere che si chiudevano con le corde e i freni ad azione ritardata (a volte nulla). Il camion, invece, bisognava spin- gerlo, perché si mettesse in moto. Oltre ai veicoli, Giancarlo, o Genki Oltre a essere un grande lavora- tore, aveva una inesauribile vo- glia di imparare. Non sapeva nulla di informatica, ma seguì con pas- sione le nostre lezioni, poi conti- nuò a formarsi da solo, così che «superò i maestri» e divenne un esperto. C ome destinazione, inizial- mente, ci venne indicato il Kenya. Così il buon Giancarlo si diede di buona lena ad impa- rare l’inglese e in breve lo sen- timmo pronunciare le prime frasi in questa lingua, rispondendo ad un registratore. Tuttavia, cambiò il paese di destinazione e nella primavera del 1999, finalmente si concretizzò la partenza per una missione in Mozambico, nell’A- frica meridionale. Dopo qualche mesetto in Portogallo, per perfe- zionare la lingua portoghese, Giancarlo prese l’aereo per Ma- puto, la capitale, e - in attesa che arrivassi anch’io, una settimana dopo -, si fece conoscere come factotum nella Casa Regionale Imc di quella città. Arrivammo a Mecanhelas (nella regione del Niassa, Mozambico settentrionale), la nostra mis- sione, la notte del 10 maggio. Trovammo padre Franco Gioda, padre Rogelio Alarcòn e le bam- come amava essere chiamato, co- minciò a preoccuparsi dei mulini a motore della parrocchia (fre- quentati da una numerosa clien- tela, poiché non sottraevano fa- rina durante la macinatura dei ce- reali, a differenza di altri mulini di proprietà privata). Uno dei mulini perdeva circa un litro d’olio al giorno, che si spandeva sul pavi- mento. Gli sforzi di Giancarlo per insegnare al mugnaio a inserire una lamiera che raccogliesse le gocce di lubrificante prima che cadessero a terra furono leggen- dari. Solo dopo varie settimane, con le orecchie piene delle urla del nostro missionario laico, il mugnaio si convinse che non era il caso di raccattare con le mani l’olio disperso sul pavimento per rimetterlo nella macchina. Un discorso a parte furono i di- versi progetti per costruire scuole, centri di catechesi, cap- pelle e ambulatori, sparsi un po’ per tutta la missione. Giancarlo era frequentemente richiesto per andare in giro a sovrintendere a tutti i cantieri edili. Un suo sogno era un bel camion-laboratorio, con tutti gli ultimi ritrovati della tecnologia, purtroppo era un po’ troppo caro per riuscire a ren- derlo realtà. MOZAMBICO 64 MC APRILE 2015 # In alto : Giancarlo al lavoro sul trat- tore. Qui a lato : con padre Carlos Osorio nella fabbrica di sale di Mambone, ultima destinazione di Giancarlo ( sulla destra - vedi MC 11/2014 p. 74).

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