Missioni Consolata - Aprile 2015

44 MC APRILE 2015 D opo lo sbarco, i minori stranieri sono con- dotti nei centri di prima accoglienza: a Pozzallo, in un palazzetto dello sport messo a disposizione per la stagione estiva da un privato, dove una trentina di ragazzi egiziani dormono su materassi di gommapiuma e il loro unico svago è ballare al ritmo della musica rap araba trasmessa da due grandi amplificatori, e ad Augusta, in una scuola in disuso. Per le centi- naia di ragazzi che arrivano nel porto della città a bordo delle navi della Marina militare, nel cortile della «Scuola Verde» sono state predisposte bran- dine di fortuna, mentre al piano superiore le aule sono state adibite a camerate, ciascuna occupata da otto ragazzi, divisi per nazionalità. Nella stanza dei bengalesi, considerata la più pu- lita e ordinata, ci riceve Mustaqim il «retto». In- dossa una maglietta con la scritta United Colours of Benetton; non sa nulla del crollo del Rana STORIE DI «ORDINARIA» MIGRAZIONE LIBERTÀ A CARO PREZZO DI S ILVIA Z ACCARIA Nei centri di prima accoglienza le giornate passano tra la noia, la sfiducia accumulata in mesi di attesa e la tensione per l’incertezza sul proprio futuro. Mustaqim dal Bangladesh, Sheriff dal Gambia raccontano un pezzo delle loro storie. Bakari è «rinchiuso» nel centro di accoglienza di Mineo da più di un anno. Mammut vi è stato trasferito da appena due mesi, dalla tendopoli di Messina, e già pensa alla fuga. Ma c’è anche chi lì dentro attende da più di tre anni una rispo- sta sul proprio destino. Rifugiati, perseguitati, migranti in cerca di una vita migliore, sopravvis- suti all’indicibile, sono condannati a una vita sospesa. Plaza, la fabbrica tessile alla periferia di Dacca che nell’aprile del 2013 era costato la vita a più di 1.000 suoi connazionali. Doveva essere già in viag- gio. È pettinato come uno studente di un college inglese, forse per apparire più giovane. In effetti aspetta un permesso per minore età. Mostra la foto dei genitori: la mamma, avvolta in un sari viola, sembra piuttosto anziana. Comunque Mu- staqim è il maggiore di nove fratelli e spetta a lui il compito di mantenerli. Dice che la sua famiglia ha chiesto un prestito in banca per pagare il costo del viaggio. Ma è più probabile che dietro ci sia una catena transnazionale di «imprenditori» del traffico di persone che chiede ai migranti e alle loro famiglie interessi esosi. È un universo «invisibile» quello dei migranti dal Bangladesh, da cui si registrano i primi arrivi in Italia già nel 1982. Non possono chiedere lo status di rifugiato politico - ciò creerebbe all’Italia ten-

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