Missioni Consolata - Aprile 2015

«zita» («promessa sposa», in dialetto siciliano) -, ce ne sono rimaste solo due: Venere e, natural- mente, Provvidenza, che però stanno lì solo per bellezza, decorate da qualche amatore nostalgico. Al porticciolo turistico oggi c’è movimento: vicino alla banchina si scorge la sagoma sinistra di un peschereccio quasi completamente sott’acqua con la scritta, ancora leggibile a poppa, «Water World»: il destino nel nome. «Era tutto di legno, di legno buono. Forse era libico», commentano i pe- scatori dilettanti che la sera si ritrovano sul molo, come Maurizio, il quale di giorno fa l’operatore ecologico a San Berillo, nel centro di Catania. «C’è crisi. Almeno per cena mi faccio una bella zuppa cu sauru ». Quando è stato ritrovato in mare aperto, all’in- terno del peschereccio c’erano ancora abiti, pac- chetti di sigarette. Ora una scarpa spaiata galleg- gia sullo scafo. E un giornale locale titola: «È af- fondato il barcone dei clandestini» 10 . Ad Aci Trezza non si costruiscono più pesche- recci, anzi una ventina di essi sono stati «rotta- mati» per ottemperare a una normativa Ue. Lo storico cantiere dei Rodolico, famiglia di maestri d’ascia che fece della marineria trezzota una delle più importanti della Sicilia e di tutto il Mediterra- neo, somiglia a un museo privato di tradizioni ma- rinare, che al tramonto diventa il ritrovo degli an- L’uso improprio del termine «sbarco» da parte dei media e della politica, automaticamente collegato nell’immaginario collettivo all’immigrazione irre- golare, ha alimentato la retorica del «flusso straordinario e fuori controllo», e quindi dell’«in- vasione», legittimando la dichiarazione di «stato d’emergenza» che dal 2002 viene prorogato di anno in anno da tutti i governi che si sono susse- guiti 9 . Quello degli «sbarchi», come il flusso mi- gratorio in generale, è invece un fenomeno strut- turale, fortemente esposto alle variazioni del con- testo geopolitico, il cui andamento somiglia a un fiume carsico, con stagioni di particolare dinami- smo e improvvisa accelerazione, come quella at- tuale, seguite da fasi di quiete. Morire lontano dai sassi che ti conoscono Nel suo viaggio nel paese dei Malavoglia , Levi era rimasto colpito dall’atteggiamento dei pescatori di fronte alla vita e alla morte, dalla loro tenace accettazione di un destino stretto tra mare e vul- cano. «Un mondo pieno di luce, calmo e chiuso in gesti armoniosi», come quelli dei marinai che ri- parano le reti o di quel vecchio che col pennello rinfresca la vernice della sua barca dipinta: «Eravamo scesi intanto tra le barche, tirate in secco sulla spiaggia tra le grandi pietre violette e levigate, l’una vicina all’altra, sì da rendere diffi- cile il passaggio: erano come fiori colorati, come carri siciliani senza ruote». Sulla prua, al posto dei Paladini di Francia raffigurati sulle miriadi di carretti che Levi vedeva passare per le strade «come una continua emigrazione di un popolo che non può star fermo», c’era San Francesco da Paola, protettore dei pescatori, e l’immancabile occhio «scaccia guai», che, oltre alla funzione apo- tropaica (di allontanare le influenze maligne), aveva quella di elevare la barca a rango di persona umana. Allo scalo di Aci Trezza, di quelle imbarcazioni variopinte del tempo che fu, quando la pesca era abbondante e il mare faceva ancora paura - e quindi il pescatore, per ingraziarselo, dava il me- glio di sé ornando la propria barca come una

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