Missioni Consolata - Aprile 2015

dia: la commemorazione ufficiale si svolge sull’i- sola con la passerella delle autorità e le contesta- zioni delle associazioni locali (Askavusa, «a piedi scalzi» in dialetto lampedusano, in primis), men- tre i parenti delle vittime e i superstiti 5 sono rice- vuti dal Papa. In piazza dell’Esquilino, a Roma, si tiene una sommessa cerimonia interreligiosa: un imam legge un passo del Corano, un prete ivo- riano intona l’Ave Maria e un esponente delle «re- ligioni tradizionali» suona una specie di olifante come a evocare gli spiriti dei morti. Si leggono le testimonianze dei sopravvissuti e poesie di scrit- tori africani: «Per ognuno di noi c’è una stella nel cielo, ogni persona che muore è una stella che non sopravvive». Le donne eritree, avvolte in un leg- gero panno bianco, con cui nascondono il viso dai fotografi, hanno in mano una candela accesa. La sera c’è l’anteprima del film documentario Io sto con la sposa , dove il senso dell’incredibile viaggio di un gruppo di profughi palestinesi e siriani at- traverso le frontiere europee è espresso nei versi di un poeta tunisino: «Se devi vivere, vivi libero. Se devi morire, muori come un albero, immobile». E mentre ancora si commemorano le vittime di Lampedusa, alle operazioni di controllo e soc- corso in mare si affiancano quelle di monitoraggio delle frontiere «esterne», aeree, marittime e ter- restri: Mos Maio- rum 6 (letteralmente «costume degli an- tenati», locuzione che nell’antica Roma indicava i va- lori cui conformarsi per essere parte della civiltà romana, ndr ) è lo slogan della maxi retata lanciata tra il 13 e il 26 ottobre 2014 dal ministero dell’In- terno italiano, in collaborazione con l’Agenzia europea 36 MC APRILE 2015 Da sinistra : esponenti delle religioni tradizionali du- rante la commemorazione interreligiosa per i migranti morti nel Mediterraneo te- nutasi a Roma il 3 ottobre 2014. | La locandina del film Io sto con la sposa , sul viaggio di un gruppo di profughi palestinesi e si- riani. | Uno scorcio del quartiere di San Berillo, a Catania. | Copertina del rapporto Unhcr So close, Yet so far (from safety) . che Levi trovò radicata nella terra siciliana, «an- tica, composita, enormemente stratificata che forze eterne, oscure e prepotenti tengono da sempre in soggezione». Lo scrittore riteneva di poter comprendere quella terra «solo indugiando su quanto ancora in Sicilia ristagna e imputridi- sce, di violento investe, di penoso sgomenta, di dolce sfiora, di mitico-storico-poetico torna alla memoria». Tappa di un’umanità in fuga Tappa di passaggio per naviganti della mitologia antica, l’isola è oggi sulle rotte di un’umanità in fuga «che si imbarca, senza geografia, da qualun- que spiaggia, verso qualunque approdo» 3 , estremo baluardo, suo malgrado, di quella «for- tezza Europa» 4 che proprio nel mito classico va a cercare i nomi per le sue operazioni di controllo delle frontiere, forse nell’intento di dare un’aura eroica alle imprese poco gloriose del presente: Hermes, Aeneas, Poseidon, fino all’ultima Triton, che però, per l’appunto, della divinità benevola, capace di calmare le acque e d’indicare la rotta agli Argonauti, non ha nulla. Con questa stessa retorica classicheggiante era cominciata anche Mare Nostrum, la missione mi- litare e umanitaria tutta italiana di «sorveglianza e soccorso in mare», inaugurata pochi giorni dopo il naufragio in cui morirono annegate, a largo di Lampedusa, più di 360 persone, e chiusa il primo novembre scorso, sostituita dalla più modesta missione europea Triton. È il 3 ottobre 2014, primo anniversario della trage-

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