Missioni Consolata - Aprile 2015

APRILE 2015 MC 29 che traspare dai nostri paesi più ricchi è che la felicità la fanno le cose e i soldi. Questa logica ma- lata purtroppo inquina anche questi luoghi, dove la gente brama il denaro per imitarci. E così, oltre a rovinare noi stessi, roviniamo anche quei popoli che avrebbero tanto da insegnarci. Eritié è migliorato e non pernotta più al centro. Radis continua a menarmi, ma in fondo l’ho con- quistato: a volte viene e appoggia la testa sulle mie gambe. 26 Ottobre Prima di partire non avrei mai im- maginato che avrei vissuto il raz- zismo sulla mia pelle. Sono in un paese sconosciuto, da solo e non conosco la lingua. Ma soprattutto sono mundele (bianco). Qui sem- bra che l’unica relazione possibile con i bianchi sia finalizzata ad avere soldi. Mi ritrovo a girare per strada a testa bassa, perché non è facile sostenere quegli sguardi, alcuni dei quali ti giudi- cano. E come biasimarli del re- sto? Io sono ricco, ho un sacco di possibilità. Non posso non sen- tirmi in colpa, benché, effettiva- mente, che colpa posso avere? Spesso mi metto a osservare la gente che passa: questo popolo non avrà da mangiare, ma è sem- pre in cammino. Non si lascia pa- ralizzare dalle difficoltà. Sembra dire: «Non ci sto a rimanere con la faccia nella polvere, comunque vada c’è qualcosa che quasi nes- suno può togliermi: la vita». 29 Ottobre Qua a Isiro l’istruzione risente, come tutto il resto, della povertà. Se avessi fatto questa esperienza anni fa, avrei riconosciuto il vero valore della scuola. Girando per strada vedo sempre studenti con zappe e macete. Al- lora un giorno ho chiesto loro il perché. Dunque dovete sapere che gli stipendi statali degli inse- gnanti non arrivano mai. Quindi vengono tolti dei soldi dalla tassa di iscrizione (molto cara), e in più, diversi docenti fanno lavorare gli studenti nei campi e a casa loro. Questa settimana a Gajen ho se- guito la scuola materna. Ovvia- mente i bambini stavano la mag- gior parte del tempo girati verso di me invece di seguire l’inse- gnante. A parte qualche balletto e canzoncina la mattina, per il re- sto non esistono attività o giochi. Durante le lezioni i bambini ripe- tono a macchinetta e in coro quello che dice l’insegnante, an- che perché devono imparare il francese. Comunque io mi sono divertito un mondo! Facevo le smorfie e, da bravo studente, ri- petevo in coro con loro canzon- cine e poesie. Una frase dice: «L’anima guarisce stando con i bambini». Cavolo, è proprio vero! Per il resto tutto bene. Volente o nolente il lingala lo sto assor- bendo. Sono sempre stato abi- tuato a fare e fare, ma in questo momento mi viene chiesto «solo» di vivere: sono due cose diverse e non è per niente facile compren- derlo. Novità delle ultime ore. Domani partirò per la missione di Neisu di nuovo nella foresta, quindi pronti per una nuova avventura. Tommaso degli Angeli* (1 - continua) * Dopo aver studiato all’Istituto tecnico agrario, ho conseguito la laurea trien- nale presso la Facoltà di Tecnologie alimentari a Bologna. Ho 22 anni. Abito a Bagnarola di Cesenatico (Forlì-Ce- sena). Ho conosciuto la Consolata gra- zie a padre Francesco Giuliani. Dopo aver fatto insieme a lui e altri giovani un percorso di animazione missionaria e due brevi viaggi (Gibuti nel 2011, Kin- shasa, Congo Rd nel 2013), è nato in me il desiderio di vivere un’esperienza più lunga e intensa. Allora ho deciso di prendermi un tempo per riflettere su me stesso e sulla mia vita mettendomi al servizio del prossimo. Padre France- sco mi ha suggerito Isiro, e a settembre 2014 sono partito. Ciò che faccio è principalmente aiutare il centro nutri- zionale di Gajen. Il diario è nato dall’idea che è impor- tante scrivere le cose per rendere ma- teriale ciò che vivo nel cuore (e per es- sere testimone). Tra le motivazioni del viaggio, la più im- portante è la fede: mi sentivo chiamato a vivere lo stile di vita missionario, così mi sono buttato, senza tante sicu- rezze, spinto dallo Spirito che me lo suggeriva. l’auto si spegne, ma ripartiamo dopo mezz’ora. Poco più avanti si spegne di nuovo, e questa volta sembra che il motore non voglia proprio saperne. Mentre qual- cuno prova a cercare aiuto, il mo- tore, non si sa come, riparte (a detta dell’autista e di tutti gli altri è un miracolo). Ripartiamo per l’ennesima volta e, dopo un altro lungo pezzo di strada e un altro stop con relativo aiuto (dietro compenso) di alcuni giovani, fi- nalmente arriviamo a casa. 21 Ottobre Bula, Bula, Bula ! Pioggia, pioggia, pioggia! Molti prodotti alimentari non arrivano, e i prezzi di quelli locali schizzano alle stelle. È la seconda notte che non dormo, causa matanga dei vicini. La matanga è una sorta di veglia funebre, ma in pratica è un’occa- sione per spolpare la famiglia in lutto che deve offrire da bere e mangiare. La povertà arriva a in- taccare anche i valori, e anche la morte diventa occasione per met- tere qualcosa sotto i denti. La malattia attuale più grande non è l’ebola o la malaria, ma il sentimento di essere indesidera- bile, disprezzato e abbandonato. Mi rendo conto di come la ric- chezza e la povertà rendano cie- chi (la prima per superbia e egoi- smo, la seconda per disperazione e logoramento) davanti alla grande verità che solo un essere umano può rendere felice un al- tro essere umano. Infatti l’idea MC ARTICOLI

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