Missioni Consolata - Aprile 2015

haItI 14 MC APRILE 2015 chiese, e questo costa caro oggi. A Port-au-Prince la priorità è stata data a chiese, canoniche, scuole, conventi distrutti. Così anche a Jacmel e a Nippes. Le chiese di Grand Goave, Miragoane, una chiesa a Pétion-Ville. E l’impor- tante chiesa del Sacro Cuore a Pa- cot, in capitale. Abbiamo anche ri- costruito alcune scuole a Port-au- Prince con l’aiuto di Cor unum . Sono dei passi che sono stati fatti, ma ad Haiti noi vorremmo che si andasse avanti molto più rapida- mente. C’erano molte diocesi che aspettavano aiuti anche prima del terremoto, ma con l’evento si è fermato il processo in corso per ri- spondere all’emergenza. C’è una certa impazienza, ma occorrono fondi, tecnica, buona gestione. L’équipe della Ceh ha inventariato i bisogni: sulla lista di 200 pro- getti, circa 130 non sono ancora stati attivati». Il paese attraversa oggi una grave crisi politica, e c’è anche un con- testo sociale esplosivo. La chiesa cattolica sta giocando un ruolo molto importante. Può spiegar- celo? «Abbiamo assunto un ruolo di mediazione e anche di accompa- gnamento. La chiesa ha sempre accompagnato il popolo haitiano nei momenti difficili. Per questo, l’anno scorso abbiamo offerto il nostro servizio per aiutare gli at- tori politici a dialogare. Abbiamo organizzato degli incontri di la- voro. Siamo riusciti a raggiungere un accordo tra le parti che però, purtroppo, non ha portato ai risul- tati desiderati. Ma ha aiutato la gente ad andare avanti nel dia- logo e nel cercare altre soluzioni. Siamo arrivati a oggi. È vero che c’è una situazione piuttosto esplo- siva, ma finalmente non si pos- sono evitare le elezioni, occorre organizzarle ( vedi box ). Ancora oggi la chiesa non è lon- tana da questa realtà ma continua ad accompagnare nella misura delle sue possibilità. Siamo sem- pre pronti ad aiutare gli attori a dialogare. La situazione è piutto- sto delicata, dobbiamo trovare il modo di favorire la realizzazione delle elezioni e avere delle per- sone elette dalla popolazione che possano gestire il paese secondo dei criteri democratici». nelle altre diocesi. Allora ci accor- davamo su come accogliere que- sti profughi. Quindi la priorità è stata data alla ricostruzione della persona umana. Anche dal punto di vista della fede. C’è stato chi ha diffuso l’idea che il terremoto sia stato voluto da Dio per castigare Haiti. Noi ab- biamo detto che è stata una cata- strofe naturale. Dio ci ama e ci aiuta e certo non ha voluto col- pire gli haitiani. Abbiamo accom- pagnato dunque le persone affin- ché potessero riprendere corag- gio. In secondo luogo abbiamo dovuto anche lavorare per la ricostru- zione materiale. Abbiamo messo in piedi delle istituzioni con le chiese sorelle degli Usa, Germa- nia, Francia, Repubblica Domini- cana. Abbiamo potuto fare la no- stra parte. Si va avanti lenta- mente, occorre costruire con tec- niche anti sismiche e anti cicloni- che, in modo diverso rispetto a prima. Anche per questo è stato necessario molto tempo. Ma occorre anche che i fondi siano gestiti in modo trasparente. Per questo motivo abbiamo creato un’équipe che aiutasse nella gestione. Ricostruire bene e gestire bene è necessario per re- stare in perfetta comunione con i nostri partner, che da parte loro devono rendere conto di quello che fanno per Haiti. Ultimamente abbiamo usato dei fondi per la ricostruzione di © Marco Bello © Marco Bello © Marco Bello

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