Missioni Consolata - Novembre 2014

A nno 2013. Inizio di dicembre. Il piccolo di due anni non sta bene, ha la febbre, è molto debole, sembra gli facciano male i muscoli, la testa, la gola. È piccolo: difficile capire. Po- trebbe essere un’infezione virale, passerà. Ma poi compare vomito, diarrea. Sarà una forma gastrointesti- nale, ce ne sono spesso in giro, meglio portarlo dal pediatra. Il bambino però non è in Italia, è in Africa: vive in Guinea, Guéckédou, una regione boschiva. Non è così facile portarlo da qualcuno che lo visiti. E possono essere tante le cause del suo malessere: potrebbe essere malaria, tifo, colera, meningite o una delle altre patologie infettive diffuse in questo continente, spesso con nomi sconosciuti o dimenticati da molti nel Nord del mondo. La situazione non migliora perché questa non è una delle solite malattie con cui quotidianamente la popolazione si confronta, spesso avendo la peg- gio. Ecco, si potrebbe immaginare così l’inizio dell’ul- tima epidemia di Ebola, una febbre emorragica causata da un virus che l’Africa ha già conosciuto. La prima volta è stata nel 1976. Poi l’Ebola si è ri- presentata, con epidemie mortali in alta percen- tuale. Questa volta, dalla vittimamorta a dicem- bre e identificata (ma soltanto il 22 marzo) come il «caso indice» (noto anche come «paziente zero»), il primo dell’epidemia (forse) 1,2,3 , l’infezione si è diffusa con velocità, dimensioni e portata assai maggiori rispetto alle occasioni precedenti, pas- sando dalla Guinea ai paesi vicini, Liberia e Sierra Leone, e poi arrivando anche in Nigeria e Senegal. Secondo i dati diffusi all’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) 4 , al 7 settembre 2014 i casi (tra probabili, confermati e sospetti) in Africa occi- dentale erano quasi 4.400, con circa 2.200 morti, praticamente uno su due. Nel continente non c’è però un si- stema sanitario che permetta di avere dati certi che coprano tutto il territo- rio, comprese le zone rurali più di- stanti. E poi la gente ha paura e non tutti - lo vedremo più avanti - vanno a farsi visitare. Per questo le cifre potreb- bero essere incomplete o non precise. Senza contare che sarebbero da aggiornare ogni giorno ( dati più recenti a pag. 43 ). Dopo Guinea, Liberia e Sierra Leone, a fine luglio 2014 l’infezione è arrivata anche in Nigeria, con la morte di un paziente liberiano arrivato in aereo a Lagos. Nell’ultimo rapporto dell’Oms in Nigeria sono stati contati 21 casi (tra confermati, probabili e sospetti) e 8 morti 4 . Infine, è stato segnalato un caso anche in Senegal, a fine agosto: un paziente arrivato a Dakar dalla Guinea. Al 7 settembre i casi erano tre, nessun morto. L’8 agosto, a nove mesi dall’ipotizzato inizio dell’epidemia, il diret- tore generale dell’Oms ha dichiarato l’Ebola un’e- mergenza di sanità pubblica di rilevanza interna- zionale 5 e il 28 agosto ha pubblicato una roadmap per assistere governi e partner nei piani di rispo- sta all’epidemia e coordinare il supporto interna- zionale 6 . All’inizio di agosto sono stati segnalati casi anche nella Repubblica Democratica del Congo, ma a inizio settembre l’Oms ha affermato che quest’epi- demia è slegata da quella che sta flagellando l’A- PAESI E POPOLAZIONI ALLO SBARAGLIO PRIGIONIERI DI UN INCUBO DI V ALERIA C ONFALONIERI Governi e popolazioni di Sierra Leone, Guinea, Liberia e Nigeria sono alle prese con un’emer- genza sanitaria probabilmente senza precedenti. In paesi con strutture sanitarie inesistenti o inadeguate, l’epidemia di Ebola potrebbe avere conseguenze difficilmente immaginabili. Sol- tanto l’intervento internazionale può evitare che la situazione precipiti. In attesa di un vaccino che ancora non esiste. Nel frattempo il virus è arrivato in Spagna e negli Stati Uniti. 38 MC NOVEMBRE 2014 Monrovia, Liberia: operatori sanitari con indumenti pro- tettivi nell’ospedale Elwa gestito da Medici senza fron- tiere (agosto 2014). In alto : il virus dell’Ebola al microsco- pio elettronico; appartiene alla famiglia dei Filoviridae , nome che deriva dal suo aspetto filamentoso.

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