Missioni Consolata - Agosto/Settembre 2014

LITUANIA # In questa pagina : immagini di Vilnius, la capitale lituana. Papooga/Flickr.com Jesus Corrius/Flickr.com Sergey Shpakovsky/Flickr.com verse persone, nel corso di quei moti insurrezionali, avevano perso la vita per il sogno di rive- dere la patria lituana risorgere e riaffermarsi nel contesto euro- peo. Così, gli abitanti delle città li- mitrofe presero a piantare, nel terreno particolarmente morbido della Collina, delle croci, delle più svariate fogge e dimensioni, in memoria dei propri cari che non tornavano. La Collina divenne così rapidamente un luogo d’in- contro dove ognuno andava per piantare la propria croce e chie- dere una grazia, commemorare un defunto, e così via. La prima menzione della Collina in un documento risale al 1850 e riguarda la notizia che centinaia di croci vi furono piantate dopo che un editto dello zar aveva or- dinato la loro rimozione dalle strade delle campagne circo- stanti. A fine Ottocento le croci erano poco più di un centinaio, per lo più di grandi dimensioni, ed esisteva anche una piccola cappella di mattoni. L’usanza di andarvi a piantare delle croci prese piede e crebbe legando da subito religiosità e patriottismo. Le messe celebrate ai piedi della Collina si trasformavano in mani- festazioni nazionaliste. Divenuta dunque simbolo del ri- sorgimento nazionale, delle ri- volte antizariste prima, e della re- sistenza al regime comunista poi, la Collina non poteva avere vita facile. Quell’affollarsi di fedeli e di croci, quella rivendicazione di in- dipendenza, alterità e di fede dava fastidio al potere sovietico, ateo e antinazionalista, che nelle scuole insegnava l’ateismo, che aveva trasformato le chiese in musei, e aveva spedito nei lager della Siberia decine di migliaia di persone, tra cui tanti preti e suore. Nel 1961, quindi, per la prima volta, «l’ateismo dei bull- dozer» spianò la Collina, bruciò le croci di legno e portò alla rotta- mazione quelle di ferro. Quel ge- sto però sortì una reazione oppo- sta: la stessa notte altre croci vennero piantate al posto di quelle distrutte o bruciate. E lo stesso avvenne anche negli anni successivi, di fronte ai nuovi ten- tativi del regime di spianare la Collina. Alle operazioni di pulizia delle forze dell’ordine faceva se- guito il silenzioso ritorno delle croci. I comunisti tornarono a spianare la Collina per tre volte, il sito venne piantonato dall’Ar- mata Rossa, sorvegliato dal Kgb (i servizi segreti sovietici), si pensò addirittura di allagare l’area, per trasformare la Collina in un’isola inaccessibile. Una di queste tre volte fu nel 1972, quando uno studente di Kaunas si suicidò in segno di protesta contro l’occu- pazione sovietica. Di nuovo, an- che in quell’occasione, le croci tornarono sulla Collina. Ancora oggi si possono indivi- duare le croci in ferro che, scam- pate ai bulldozer e recuperate, ora stanno in piedi un po’ sbilen- che, raddrizzate a martellate, in equilibrio solo apparentemente precario su blocchi irregolari di cemento. Nel 1990 erano circa 50.000. Nel 2000 arrivavano addi- rittura a 100.000. Papa Giovanni Paolo II si recò sulla Collina delle croci durante la sua visita in Lituania nel settem- bre del 1993. Celebrò la messa al- l’aperto su un altare in legno co- struito per l’occasione e donò alla Collina e al popolo lituano una grande croce dello stesso mate- riale con una base in granito sulla quale è riportato il suo ringrazia- mento per la testimonianza di fede: «Grazie a voi lituani per questa Collina delle croci, che te- stimonia ai popoli di tutto il mondo la grande fede del vostro popolo». Alle spalle della Collina si trova oggi un monastero francescano, costruito fra il 1997 e il 2000, dopo che Giovanni Paolo II espresse il desiderio che qual- cuno si occupasse della cura e della manutenzione del sito. Oggi nel monastero si trovano 10 frati. Viviana Premazzi

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