Missioni Consolata - Agosto/Settembre 2014

DOSSIER MC ITALIA, MISSIONE MADRE La mercificazione della propria professionalità «Dopo cinque mesi, mi scrissero che non c’era una mole di lavoro sufficiente per due persone e che potevo prendermi ancora tre mesi di maternità facoltativa. Iniziarono a rispondere meno alle mail e a rimandare un incontro per riformulare la no- stra situazione. Quando, finalmente, si decisero a farmi andare in ufficio, chiedendomi di portare il pargolo per poterlo finalmente conoscere... mi dis- sero che molti clienti avevano ritirato i loro con- tratti, che erano nel periodo più buio della loro storia aziendale e che la mia figura non poteva es- ser economicamente contemplata. Rimasi senza parole, con il bimbo in braccio. Improvvisamente invasa da una fragilità senza confronti. La mia professionalità veniva trattata come merce e ba- rattata in cambio della possibilità di sfruttare una giovane disponibilissima a non esser retribuita benché lavorasse 10 ore al giorno. Mi dissero che, anche se la qualità dei contenuti sarebbe stata più scadente, loro necessitavano di manovalanza a co- sto zero, e, dal momento che nel frattempo il mio contratto sarebbe scaduto, la mia presenza non sarebbe più stata necessaria». Scelte che bruciano «Mi tormentai due settimane sul da farsi: ripre- sentarmi comunque e pretendere il posto (in virtù della maternità il contratto prevedeva un prolun- gamento dello stesso per un certo periodo); ini- ziare una lunga causa legale per pretendere il ri- sarcimento di tutti i contributi non pagati, delle ferie e di quant’altro; cercare un compromesso. Per avere chiarimenti mi presentai al Nidil (il sin- dacato dei lavoratori atipici) da cui non ebbi al- cuna risposta esauriente, a dimostrazione del fatto che in materia di contratti a progetto, la for- mulazione di una vera tutela sindacale era ancora ben lontana. L’unica soluzione era agire, privata- mente, per via legale. Ebbi timore di affrontare una sfida simile perché avrei potuto farmi terra bruciata per altre eventuali collaborazioni. La sensibilità e l’emotività accentuata dalla mia nuova situazione esistenziale (e ormonale), l’allat- tamento e le cure continue al piccolo, il desiderio di riprendermi la mia vita e la mia serenità senza dover tirar fuori le unghie in un’aula di tribunale, mi fecero demordere. Scelsi la via del compro- messo e patteggiai un risarcimento per i mesi di prolungamento del contratto. Ancora adesso la scelta mi brucia. La tutela della maternità è sim- bolo di civiltà e il non esser stata tenace nel riven- dicare quello che era giusto è una ferita ancora aperta. Con il tempo, però, ho iniziato a ripren- dere coraggio e fiducia in me stessa, a rico- struirmi un’identità che mi sembrava persa e a ri- organizzarmi, come madre, come donna, come professionista». AGOSTO-SETTEMBRE 2014 MC 39 © Murat Cinar

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