Missioni Consolata - Agosto/Settembre 2013

54 MC AGOSTO-SETTEMBRE 2013 IL PANE MA ANCHE LE ROSE S ul Brasile i luoghi comuni si sprecano: è il paese delle favelas , delle spiagge dove donne bellissime sfilano tutto il giorno sulla sabbia dorata e, ovvia- mente, del carnevale e del calcio, per i quali ogni atti- vità si ferma. Per questo e altro le rivolte urbane acca- dute a giugno, durante il torneo calcistico internazio- nale della «Coppa delle confederazioni» (poi vinto pro- prio dai padroni di casa del Brasile), hanno trovato quasi tutti (governo, comunità internazionale, giornali- sti) impreparati. «È difficile, se non impossibile - ha scritto Mino Carta -, dire perché i brasiliani siano scesi in piazza. Di certo è un grido di protesta che proviene dalla periferia di un paese ancora diviso tra padroni e schiavi. Mi riferisco alla maggioranza dei brasiliani che prende l’autobus e non sa cosa sia lo stato sociale. Sono loro a pagare le conseguenze di un sistema sanitario, scolastico e dei trasporti di pessima qualità» 1 . N egli ultimi 10 anni, sotto le presidenze di Lula e oggi di Dilma, il Brasile ha fatto grandi progressi tanto da raggiungere il rango di sesta potenza mon- diale. Tuttavia, il paese rimane terra di incredibili con- trasti e di enormi diseguaglianze. Lo sviluppo è stato ed è perseguito nel solco dei dettami della filosofia neoli- berista, come più volte segnalato anche nei nostri re- portages . Pur approvando generosi programmi assi- stenziali in favore dei più poveri, il governo ha lavorato per favorire le aziende private, le banche e l’oligarchia finanziaria. I casi più emblematici riguardano la co- struzione di opere faraoniche (una per tutte, la conte- statissima centrale idroelettrica di Belo Monte, sul fiume Xingu) e l’esplosione dell’agrobusiness fondato sulle monocolture e sostenuto dalla potente bancada ruralista del Congresso 2 . Queste scelte economiche hanno spinto verso l’alto la crescita e il Prodotto in- terno lordo, ma allo stesso tempo hanno prodotto con- seguenze molto negative: per le popolazioni indigene (scacciate dalle loro terre e di fatto spogliate dei propri diritti) e per la preservazione dei grandi ecosistemi na- turali che il Brasile ha la fortuna di ospitare. Per contro, il governo di Brasilia ha investito risorse ir- risorie nei campi della salute e dell’istruzione. Perché - chiedevano i manifestanti - spendere miliardi di soldi pubblici nella costruzione degli stadi per i Campionati mondiali di calcio del 2014 quando mancano scuole e ospedali degni di questo nome? Anche il consiglio della «Conferenza dei vescovi brasiliani» (Cnbb) si è schie- rata - attraverso una lettera dal titolo Ascoltare il grido che viene dalle strade - con i contestatori 3 . «Quando mio figlio sarà malato - si poteva leggere sui cartelli e sui muri -, lo porterò allo stadio?». Scelte poli- tiche sbagliate, corruzione e sprechi sono riusciti nel- l’impresa di portare migliaia di brasiliani nelle strade a contestare il calcio, da sempre considerato un rito sa- cro e intoccabile. S i dimentichino i luoghi comuni e le semplificazioni, il Brasile ha innumerevoli facce, spesso antitetiche. Come quella di Marco Feliciano, deputato e pastore evangelico della Asembléia de Deus . Nel 2010, Feliciano Le politiche del Pt, al governo da 10 anni, hanno ridotto sensibilmente la po- vertà, ma lo sviluppo perseguito è fondato sulle grandi opere e l’agrobusiness, con pochi investimenti nei campi della salute e dell’istruzione pubbliche, e a detrimento dei diritti dei popoli indigeni e della natura. In linea con i dettami della filosofia neoliberista. I brasiliani, scesi nelle strade a protestare (oscu- rando il «sacro» rito del calcio), oggi chiedono di avere la dignità del pane ma anche la bellezza delle rose. Il Brasile, paese dalle molte facce (spesso antiteti- che), vuole andare oltre i numeri da sesta potenza mondiale. © Roberto Stuckert Filho/ Planalto Giugno 2013: le manifestazioni nelle città brasiliane BRASILE

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