Missioni Consolata - Agosto/Settembre 2013

tali come la Siemens, l’Eni, la Total, l’Ansaldo a la- sciare l’Iran per poi ritornarvi. In questi continui tira e molla l’Iran ha imparato a fidarsi sempre di più di partner di altre parti del mondo, come delle compa- gnie provenienti da Malesia, Indonesia, Cina, India, e delle proprie compagnie private. Gli Usa da anni vietano la vendita all’Iran di pezzi di ri- cambio di aerei e l’Iran ha imparato a procurarseli dal mercato nero pagando qualcosa in più, o utilizzando compagnie estere come prestanome. L’ultima fase riguarda gli otto anni di governo dell’ (ex) presidente Ahmadinejad, che, mossa dopo mossa, è ri- uscito a prevedere i passi dell’Occidente impedendo il collasso della nazione. Quando i paesi occidentali sventolarono la probabilità di interrompere la vendita di benzina all’Iran, lui cam- biò velocemente i sistemi di diverse raffinerie che in- vece di altri prodotti iniziarono a produrre il combu- stibile. Egli applicò, inoltre, il razionamento della ben- zina e così non solo rese l’Iran autosufficiente nella produzione, ma lo trasformò in un esportatore». Il petrolio iraniano continua ad essere una carta pesantissima nei rapporti internazionali del suo paese... «Certamente. Prendiamo la Turchia. Ankara può an- che pensarla diversamente rispetto all’Iran in que- stioni come la Siria, ma sia l’Iran che la Turchia sanno benissimo di essere legati a doppio filo per via dell’e- sportazione del gas iraniano, una vera e propria linfa vitale per l’economia turca senza la quale Erdogan non può nemmeno immaginare di sopravvivere. Lo stesso vale per Iraq, Repubbliche Centro-asiatiche e Afghani- stan. Con questi paesi ci sono scambi di energia elet- trica, con alcuni stati della regione, come il Kuwait, persino quelli di acqua potabile. Il Pakistan, entro un anno, con il completamento del “gasdotto della pace”, sarà collegato a Teheran ed è in fase di studio anche la costruzione di un oleodotto che colleghi le due capitali. La Cina ha già annunciato il proprio per l’amplia- mento di entrambi i progetti verso il suo suolo, conce- dendo persino una linea di credito al Pakistan. Dall’altra parte c’è un’India che dipende dal petrolio iraniano in maniera considerevole e che ha più volte dichiarato di non volervi rinunciare. Nel lontanto est- asiatico ci sono la Corea del Sud e il Giappone, due al- leati Usa che però sono troppo collegati al mercato ira- niano. In particolare la Corea del Sud dipende dal greggio dell’Iran e rivende una quantità incredibile di automobili ed elettrodomestici nel mercato iraniano. Sommando l’Africa, l’America Latina e alcuni paesi dell’Europa con maggiore indipendenza, l’Iran ha an- cora una buona fetta di comunità internazionale con cui commerciare e trattare. È forse vero che la popola- zione, in questo periodo, ha sentito l’effetto dell’em- bargo obamiano in maniera più consistente del pas- sato. In effetti mai era stato proibito l’acquisto del pe- trolio e mai era stata boicottata la banca centrale ira- niana, ma anche in questo caso la dirigenza ha trovato le soluzioni. Da Turchia e India si fa dare l’oro, dalla Cina riceve merce, con ogni nazione ha trovato la sua formula ideale. Le navi iraniane vanno a vendere il pe- trolio in alto mare. Insomma, l’Iran è diventato ancora più forte ed è poco obiettivo sostenere che sia stato messo in ginocchio dall’embargo. La conclusione è che oggi la nazione va avanti nonostante le sanzioni. Se qualcuno lo vuole proprio fuori dai giochi, dovrà pen- sare a qualcos’altro». Come reagiscono i giovani iraniani davanti alle sanzioni che colpiscono il loro paese? «L’Iran ha un numero elevato di laureati e specializ- zati, e il lavoro abbonda per questa generazione dato che c’è tanto da fare e costruire. Per questo la quasi totalità dei giovani si impegna e dà vita a quello che, senza esagerazioni, bisogna chiamare il “prodigio tec- nologico e scientifico” dell’Iran. Nel 2012 le organizzazioni internazionali hanno procla- mato l’Iran la nazione al mondo con il più veloce pro- gresso scientifico dato che il numero di pubblicazioni di studiosi iraniani, nel giro di 10 anni, era aumentato di 11 volte. Oggi, nella regione, la nazione supera pure la Turchia e ha ottenuto il primato. Nella classifica mondiale generale è al 14esimo posto secondo alcune classifiche, al 17esimo secondo altre. E questo non è l’i- dentikit di una nazione isolata. Una nazione che clona gli animali, che manda nello spazio i suoi satelliti autonomamente, che padroneg- gia la tecnologia nucleare, che vince l’Oscar con i suoi film, che eccelle pure nelle discipline sportive, o non è isolata, o come minimo ha saputo reagire bene a tutti i tentativi di isolarla». Nel novembre 2012BarackObama è stato rieletto presidente degli Stati Uniti. Vede, inprospettiva, un cambiamento di linea politica nei vostri confronti? «È inutile nascondere che Barack Obama, con tutta una serie di azioni di basso profilo, sta cercando di preparare al meglio una vera e propria guerra all’Iran. Al contrario della sua parvenza pacifica, Obama ha imposto contro il nostro paese le sanzioni più dure della storia, ossia il divieto di acquisto del petrolio, no- stra principale fonte di reddito, e poi il boicottaggio della Banca centrale iraniana. Per essere chiari, sono misure che distano solo un passo dalla guerra vera e propria. Questo l’Iran lo ha capito e non a caso nei mesi scorsi autorità politiche e militari di Teheran hanno informato che sarebbero pronte a chiudere lo Stretto di Hormuz nel caso di un’aggressione militare. Attraverso questo stretto passa giornalmente qual- cosa come il 40% del greggio mondiale ed è naturale che basterebbe una chiusura anche temporanea per AGOSTO-SETTEMBRE 2013 MC 43 MC L’ENIGMA IRAN Qui accanto : Davood Abbasi, direttore dell’edizione italiana di «Radio Irib». A sinistra : donna e figlia in posa.

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