Missioni Consolata - Agosto/Settembre 2013

zione. È di questo che discute con Bashir e Axmed. Nel concreto, dell’acquisto di terre nella re- gione di Gedo, al confine con l’E- tiopia: un’area fertile lungo il corso del fiume Juba, ideale per la coltivazione del tabacco. At- torno a questo tavolo nel risto- rante dell’hotel Diamond emerge un quadro della Somalia di oggi: dove le fratture separano non più (solo) i diversi clan, ma più in ge- nerale chi ha accesso alle risorse chiave e chi ne è escluso. OTTIMISMO E RIMESSE Dall’elezione del presidente Has- san Sheikh Mohamud, beniamino dei donatori internazionali per il suo passato di attivista della so- cietà civile, lo scorso settembre, un crescente ottimismo ha ac- compagnato i passi avanti fatti, soprattutto nel campo della sicu- rezza. Mentre il contingente di circa 18.000 soldati dell’Ua è riu- scito a strappare Mogadiscio ad Al Shabaab , le truppe kenyane hanno messo alle corde gli isla- misti nel Sud del paese. Inoltre, il prestigio del presidente ha at- tratto il sostegno degli emirati del Golfo e ha consolidato quello della Turchia, al momento uno dei principali (e sicuramente il più popolare) partner della So- malia. La maggiore linfa vitale, tuttavia, resta quella delle rimesse della diaspora. Rimesse che, se prima garantivano la sopravvivenza di intere famiglie, adesso stanno ri- SOMALIA 20 MC AGOSTO-SETTEMBRE 2013 costruendo il paese. Mentre le istituzioni pubbliche restano un guscio vuoto, buono se mai per attirare aiuti umanitari, i capitali privati tengono in piedi infrastrut- ture e servizi, dalla sanità all’i- struzione. Il capitale scorre nei circuiti internazionali: quello delle grandi banche che offrono anche linee di finanziamento la- riba , senza interessi, conformi ai precetti islamici. O quello del- l’ hawala , il capillare sistema di ri- messe, basato sulla fiducia, at- traverso il quale la diaspora muove soldi nel mondo. Un’istitu- zione finanziaria situata in una zona grigia tra legalità e illega- lità, opaca e guardata con so- spetto dalle intelligence occiden- tali, che v’intravedono un canale di sostegno per la pirateria o per militanti islamici. Eppure l’ hawala continua a es- sere un canale privilegiato per ri- versare capitali in Somalia: un fiume di dollari americani che, negli ultimi anni, ha continuato a crescere, finanziando il settore edilizio, le telecomunicazioni e il business della sicurezza. Ma an- che facendo schizzare alle stelle il costo della vita e consentendo a ricchi esponenti della diaspora di acquistare terra, soprattutto nelle zone dei fiumi Juba e Sha- ATTENTATI E RAPPRESAGLIE Nel dicembre del 2012 l’aria di Eastleigh si fa pesante: l’intero quartiere è scosso da una raffica di attacchi terroristici, che la poli- zia kenyana attribuisce immedia- tamente alle milizie islamiste di Al Shabaab , attive soprattutto nel Sud della Somalia e nella zona di confine con il Kenya. Il governo dell’allora presidente Kibaki an- nuncia un giro di vite sulla popo- lazione di rifugiati, ordinando di sgomberare le aree urbane per andare nei campi profughi in at- tesa di rimpatrio. Si moltiplicano gli episodi di abusi da parte della polizia. Cabdullahi, confortato dalle notizie in arrivo dalla Soma- lia, si fa rilasciare un foglio di rimpatrio e torna a Mogadiscio. Ma si accorge ben presto che nella capitale presidiata da mi- gliaia di soldati dell’Unione Afri- cana (la missione Amisom) si continua a morire, per un so- spetto di spionaggio, per una ra- pina, per aver rivendicato una proprietà di un tempo e oggi oc- cupata da un’altra famiglia. Così torna in Kenya per la via più sicura, apertasi negli ultimi anni: quella aerea, per Entebbe, in Uganda, dove il passaporto so- malo non solo è sfogliato senza batter ciglio, ma anche timbrato con un visto che offre la possibi- lità di circolare legalmente per l’intera Africa orientale. Ora Cabdullahi sa che è possibile tornare in Somalia, ma solo con risorse: soldi, documenti, prote- © Kate Holt / R N © Mohamed Amin Jibril / R N

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