Missioni Consolata - Luglio 2013

LUGLIO 2013 MC 21 MC ARTICOLI ANGOLANI: PERSONE SPLENDIDE Simone si è trovato bene con gli angolani, nel lavoro e nella quotidianità dei rapporti so- ciali. «La gente è calda, animata e dei gran bevitori. Ma sono anche persone che hanno vissuto un con- flitto interminabile. Non vogliono più guerre, e per questo si sono inchinati alla morte di Savimbi. Ho co- nosciuto persone splendide, che nascondono cicatrici e dolori immensi, che spesso si riflettono sulla voglia di riscatto. Due aneddoti. Una delle donne con cui la- voravo, un giorno, parlando della sua famiglia, mi fa vedere la schiena, piena di cicatrici. Mi racconta che di sera mentre la sua famiglia era in casa (Otto fratelli e i due genitori) sono stati bombardati. Lei è l’unica superstite, ma non esiste pianto né commiserazione, solo voglia di riscatto per la loro vita. La seconda sto- ria riguarda il logista dell’Ong per cui lavoravo. Un giorno mangiamo e beviamo assieme, eravamo rima- sti soli. A un certo punto lui, un omone tranquillo e ap- parentemente sereno, si mette a piangere. Dice: “Non volevo farlo, non capisco come mi sia trasformato in una bestia”. Poi mi racconta di quando faceva il mili- tare. Quando vedeva morire i suoi amici, e arrivava a conquistare un villaggio, l’unica idea era riprendere la vita di altre persone, per soffocare il dolore della per- dita dei suoi cari. Stupri, gente tagliata a pezzi, in- somma orrore. A Kuito Bié, cittadina in cui ci sono stati 8 mesi di con- flitto, la gente di una stessa famiglia in parte era presa dall’Unita, mentre il resto era preso dall’Mpla. Quindi la gente combatteva il giorno, fratelli contro fratelli, e la sera si ritrovavano per mangiare insieme. Qui una parte sostanziosa della popolazione era senza gambe, faceva impressione. Ma con il trascorrere dei mesi, sembrava quasi normale». CITTÀ E CAMPAGNA Le città e le campagne hanno vissuto la guerra in modo diverso. «La città non ha mai vissuto la guerra e im- prese, bianchi e ricchi si installavano là, tra prostitu- zione, lusso e menefreghismo verso il resto del paese. La situazione era incredibile. In campagna nessuno sapeva cos’erano elettricità e acqua. La gente di cam- pagna che andava in città, pensava che con i soldi si potesse fare tutto, anche scappare da un paese che per anni ha conosciuto solo l’inferno». DISTRUZIONE DEL TESSUTO SOCIALE Simone assiste alla profonda disgregazione sociale: «Come Mao aveva fatto in Cina, in Angola le famiglie erano state distrutte, così l’unica referenza era il coman- dante. Una volta a Kuito, incontro un ragazzo che da 26 anni non vedeva nessuno della sua famiglia. Aveva circa 34 anni. Era arrivato per cercarla, con un’emozione e paura enorme. Ma nel suo villaggio non aveva trovato più nessuno, solo desolazione, e qualche zio. Un giorno andiamo in un villaggio, e uno dei leader è un personaggio ambiguo. Mi spiegano che era un cec- chino. Ognuno sapeva dire che membro della famiglia gli aveva ucciso. Rimango perplesso: la gente, dopo trent’anni di distruzione ha imparato a perdonare e il miliziano era stato accettatoin maniera incredibile». Ricordi schioccanti: «La gente, soprattutto nel 2003, saltava sulle mine ogni giorno. Contadini, bus pubblici scoppiavano, ma la gente ne era abituata. Un giorno una donna è saltata per aria usando un ordigno ine- sploso per pestare il mais nel mortaio. Un’altra volta un uomo che cercava legna è saltato su una mina anti uomo collegata a due mine anti carro. È rimasto solo un buco enorme. Le mine erano nascoste ovunque, nelle scuole, lungo i ponti, vicino alle fonti d’acqua e perfino negli alberi da frutta. A Kuito Bié, durante la guerra la gente non po- teva seppellire i propri cari e quindi lo faceva nel giar- dino di casa. Mentre abitavo lì, avevano deciso di rie- sumare i corpi. Più di 10.000 persone. Ogni giorno, dei funerali rendevano l’atmosfera sem- pre più pazza e, andando al lavoro, passavo attorno a fosse comuni in cui la popolazione si scannava per identificare qualche cumulo di ossa come il proprio caro». Marco Bello

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