Missioni Consolata - Dicembre 2012

44 MC DICEMBRE 2012 che ragguardevole alla fondiaria Sai, poco più di dieci anni fa, per entrare nella cooperativa Isola, si è fatto promotore dell’emporio in cui lo incontriamo oggi. «Con mia moglie eravamo arrivati all’idea che non ba- stasse fare solo qualche opera di solidarietà, qualche acquisto responsabile, ma che fosse necessario fare dei lavori coerenti con le nostre convinzioni. Io lavo- ravo in un’assicurazione che, come una banca, ha delle politiche di finanza, a mio parere, non solidali e non etiche. Era una contraddizione che vivevamo male. Nasceva in quell’anno la nostra prima figlia Laura. Mia moglie era in una cooperativa che gestiva una scuola paritaria e guadagnava poco. Ma avevamo la serenità che si sarebbe trovata una quadra, e così è stato. Il reddito famigliare è diminuito, ma l’insieme delle scelte fatte permetteva un equilibrio». A propo- sito di Isola (Iniziativa di Solidarietà e Lavoro) Gian Paolo ci racconta come essa è nata come cooperativa sociale nel 1995 da un gruppo di persone che avevano alle spalle un percorso di fede nelle Cvx (le Comunità di Vita Cristiana del mondo gesuita) con lo scopo di creare occupazione in maniera solidale, tra le altre cose, assumendo persone svantaggiate: «Fin dall’ini- zio l’idea era quella di creare lavoro, non occasioni di volontariato, altrimenti c’era il rischio di lavorare e guadagnarsi da vivere nel mondo che sfrutta, nell’eco- nomia ingiusta, per fare poi un po’ di volontariato, per riparare in qualche modo a quella ingiustizia». NEL DUBBIO, NON USARE, O USA SOLIDALE A dispetto dell’apparenza schiva, Gian Paolo ha grande facilità di parola e capacità di raccontare la propria vita e scelte famigliari legandole a riflessioni ampie sulle dinamiche dell’economia mondiale, sulla bellezza del commercio equo e solidale, senza omet- terne difficoltà e contraddizioni, sulla semplicità dei produttori locali di alimenti biologici, sulle scelte eti- che e di fede. «Io e Sandra ci siamo conosciuti in parrocchia, all’e- poca in cui, a 24 anni, scoprivo la fede. Tra le varie passioni illuminate dal cammino cristiano c’era quella dell’uso responsabile dei beni, i quali derivano dal creato e sono per tutti. Riflettevamo sui nostri stili di vita personali: ci era chiaro che, in un pianeta limitato e abitato da miliardi di persone, gli stili di consumo usuali degli italiani, e in genere degli occidentali, erano insostenibili. Queste riflessioni ci hanno portati a scelte concrete segnate da sobrietà e solidarietà». «Sobrietà: innanzitutto, nel dubbio, non usare. Di beni ne abbiamo tantissimi. Non stiamo facendo la fame. Quindi, per prudenza, non prendo, non uso, sapendo che non usando evito un impatto sulla vita, lascio ai fratelli. È più equo “non prendere” che fare l’elemo- sina. Per cui, da un lato non mi approprio di beni, energia, risorse, che sono di altri, mantenendo bella e sana la vita sulla terra, dall’altro, quando decido di usare, scelgo beni con criteri di solidarietà, equità, at- tenzione alla vita». OSSIER

RkJQdWJsaXNoZXIy NTc1MjU=