Missioni Consolata - Dicembre 2012

«È festa persino in galera e dentro alle case di cura / soltanto che dopo la festa la vita ritornerà dura / ma oggi baciamo il ne- mico o quelli che passano ac- canto / o l'asino dentro la grep- pia Natale il giorno più santo…». Il 7 ottobre 2002, dieci anni fa, moriva Pierangelo Bertoli, esponente di un ricco panorama di cantautori che ha saputo tradurre in musica le speranze e le rab- bie di un’Italia in fermento davanti a una crisi gene- rale che la svegliava dalle troppo facili illusioni del boom economico. Cantante schietto, «a muso duro», proto ecologista globale con uno dei suoi testi più fa- mosi, Eppure soffia , Bertoli aveva dedicato al Natale una sua canzone: È nato, si dice . Nascosto dietro a un motivo orecchiabile, che richiama come in un gioco musicale la tradizionale Astro del ciel , il testo pre- senta una critica severa, se non addirittura feroce, al consumismo, alla chiesa e, in fondo, al buonismo im- penitente che si nasconde in ognuno di noi. Riascoltando Bertoli in vena di commemorazioni, mi chiedo come sarà questo Natale in tempo di crisi. Non è difficile prevedere trasmissioni e telegiornali in cui signore piene di pacchetti ci ripeteranno, uscendo da mercati e centri commerciali che «sì, quest’anno è stato difficile soddisfare i desideri di tutti i nipoti e si è dovuto ridurre, tagliare… Babbo Natale porterebbe i doni, ma Monti porta via le speranze, e allora bisogna adattarsi»… ma adattarsi a cosa? Oggi, per molte famiglie italiane il Natale non signi- fica più ciò che dovrebbe invece significare. La poesia da Baci Perugina che sottostà a tanti messaggi e au- DICEMBRE 2012 MC 37 guri «di stagione» ( seasonal greetings , come recitano ormai molte politically correct Christmas cards ) ha talmente mielato l’occorrenza da renderla una me- lassa di luci di vetrina, fiocchetti colorati e stress da ipermercato affollato. Resisteva un tempo il baluardo del pranzo di famiglia, a cui dovevano partecipare ob- bligatoriamente tutti. È stato stroncato anche que- st’ultimo, non tanto dal caro vita quanto dal fram- mentarsi e moltiplicarsi dei nuclei familiari. È nato, si dice; ma se Monti continuerà con la sua politica dei tagli, cosa resterà del nostro Natale? Non sarà che si proverà persino vergogna a presentarsi sotto l’albero (anche il presepe è un po’ demodè ) a mani vuote o sol- tanto mezze piene? Meriterà ancora celebrarlo un Natale da poveretti? Non sarà che dovremo persino ritornare alla Messa di mezzanotte per scoprire un altro pezzo di poesia ormai perduta? LA RISCOPERTA DEL NATALE Eppure, verrebbe da chiedersi: se il Natale in tempo di crisi corre il rischio di essere un Natale sottotono, come lo avrà celebrato finora la maggior parte delle persone nate e vissute (poco e male) in parti del mondo meno privilegiate delle nostre? Oggi abbiamo tra le mani una possibilità, quella di rivalutare il no- stro Natale, di ripresentarlo per quello che veramente è: un’azione di grazia del Dio amore, di un Padre che tanto ha amato il mondo da dare il suo unico Figlio per la salvezza di tutti, che non ha rinunciato alle sue prerogative divine, ma si è fatto come noi, fango nel fango, per poterci tirare fuori dalla melma del pec- cato, della fragilità, della paura, e restituirci il vestito buono della dignità. RILEGGERE LE NOSTRE FATICHE IN UN’OTTICA DI FEDE È NATO, SI DICE DI U GO P OZZOLI La crisi renderà il Natale (forse) meno spendaccione del solito. Meriterà ancora cele- brarlo «da poveretti»? Forse abbiamo l’opportunità di riscoprirne il senso più pro- fondo che le luci di vetrina, i fiocchetti colorati, lo stress da ipermercato affollato, tendono a nasconderci. Dio nasce in un luogo di miseria. Il Natale è la festa del poco: ecco che lo riscopriamo come veramente nostro. © Af MC / Valentino Paolo

RkJQdWJsaXNoZXIy NTc1MjU=