Missioni Consolata - Dicembre 2012

La Bibbia-Cei (2008) aggiunge anche una nota al ver- setto per spiegare ulteriormente che: « Questo... fu l’i- nizio dei segni : non solo il primo dei segni, ma il mo- dello di tutti (questo è il significato della parola greca tradotta con inizio ). Difatti il miracolo di Cana ha rive- lato la divinità ( gloria ) di Gesù e ha aperto ai suoi di- scepoli il significato delle opere prodigiose (che Gio- vanni preferisce chiamare segni )». Tutte le traduzioni, anche in altre lingue, che qui ri- sparmiamo, si fermano alla grammatica tradizionale greca secondo la quale il primo verbo, « epòi ē sen - fece», essendo un tempo aoristo, deve tradursi con il passato remoto o in alcuni casi anche con il passato prossimo . VERBI E TRADUZIONI «DIACONI» DELLA PAROLA Le versioni Cei rendono «fece» con «fu» e «diede», sempre al tempo aoristo/passato remoto, esattamente come gli altri due verbi: « ephanèr ē sen -manifestò» (Gesù) ed « epìsteusan -credettero» (i discepoli). Noi in- vece pensiamo che sia meglio applicare la linguistica testuale che guarda la funzione dei verbi (la parte più importante in un testo), scopriamo allora che il loro si- gnificato dipende dal posto in cui essi sono collocati e quindi bisogna valutare di volta in volta. Nel nostro caso, vediamo che « epòi ē sen - fece», il primo aoristo, è preceduto da un pronome dimostrativo « tàut ē n - que- sta», il quale a sua volta è riferito a « archên - princi- pio» che in greco è femminile: « Tàut ē n epòi ē sen ar- chên ». Abbiamo quindi la seguente costruzione greca: « Tàut ē n epòi ē sen archên tôn s ē mèi ō n ho I ē soûs » che tradotta, fuori dal contesto, in se stessa, alla lettera e mantenendo le stesse posizioni delle parole che hanno in greco, suona: «Questo fece (il) principio dei segni Gesù in Cana di Galilea». La parola «inizio», usata dalla traduzione della Cei, è fuorviante perché esprime un valore temporale, men- tre al contrario «principio» richiama una prospettiva globale e senza tempo. Le nozze di Cana non sono solo il «primo» segno cronologico, ma il «segno fondamen- tale», quello che apre gli occhi della fede verso ciò che accadrà da cana a Gerusalemme. Il versetto 11 è composto da tre frasi o proposizioni, perché vi sono tre verbi, che però non sono sullo stesso piano: il primo « epòi ē sen - fece» è preceduto da un al- tro termine, cioè dal pronome dimostrativo « tàut ē n questa/questo», per cui il verbo, pur essendo al tempo aoristo, che è il tempo primario della narrazione, è declassato a tempo secondario. Gli altri due, invece, mantengono la struttura narrativa primaria, che è propria del greco, e infatti sono preceduti tutti e due dalla congiunzione « kài - e», che è uno dei segnali greci per indicare il verbo aoristo nella posizione importante e quindi deve essere tradotto con il passato remoto: « kài ephanèr ē sen ... kài epìsteusan - e manifestò/rivelò... e cominciarono a credere». Alla luce di queste osserva- zioni, la traduzione del versetto «deve» essere la se- guente: « Mentre faceva questo principio dei segni, manifestò Gesù in Cana di Galilea la sua gloria e cominciarono a credere in lui i suoi discepoli». LA FEDE HA UN PRINCIPIO E UN INIZIO L’autore intende porre l’accento su «manifestò» e «cominciarono a credere»: le due informazioni che vuole comunicare al lettore, perchè le più importanti e fondamentali di tutto il racconto. A differenza dell’ar- chitriclino, rappresentante della religione ufficiale, che è cieco e sordo, il lettore deve essere pronto a co- gliere e «vedere» la manifestazione, cioè la rivela- zione di Gesù nella trama degli eventi ordinari che in se stessi possono apparire insignificanti, mentre sono portatori di un senso nascosto e nuovo che solo chi è predisposto sa cogliere. Per questo, ed è il secondo messaggio, i discepoli «cominciarono a credere», per- ché la fede è conseguenza di una visione e di una esperienza. Traduciamo il terzo verbo « kài epìsteusan » con «co- minciarono a credere» e non con «credettero» perché pensiamo che l’aoristo greco, qui, abbia valore «in- gressivo», cioè descrive l’inizio di un’azione che è in cammino e che sarà lungo prima di giungere al suo compimento. D’altra parte Gv parla di «l’inizio dei se- gni» e ci sembra esagerato dire che i discepoli «cre- dettero» al primo colpo, senza alcun processo o ela- borazione. Anch’essi si aprono al «vino nuovo» inter- rogandosi sui fatti, come Cana, e si affidano all’al- leanza del Sinai che ritrovano e rinnovano nella per- sona di Gesù. D’altra parte, in Giovanni, la figura del «discepolo/discepoli» oltre al significato dei seguaci «storici» di Gesù, ha il significato del «discepolo- tipo», cioè del credente di ogni tempo che s’incontra con la personalità di Gesù di Nàzaret il «rivelatore» del Padre. MC RUBRICHE # Le Nozze di Cana nell’interpretazione di padre Giulio Cesare IMC (affresco della cappella del Cam, nella Casa Madre di Torino).

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