Missioni Consolata - Dicembre 2012

© Flaviano Bianchini L a questione tibetana nasce negli ultimi anni di vita dell’impero cinese, quando il XIII Dalai Lama cercò di rendere indipendente il Tibet di fronte al tentativo della dinastia Qing di accentrare la sovra- nità politica. Tuttavia, la Cina riuscì a esercitare tale sovranità solo in tempi recenti, con la salita al potere dei comunisti. Nel 1951 l’Esercito popolare di libera- zione entrò in Tibet. Sebbene dal 1951 al 1959 ci fosse stato un periodo di collaborazione tra il governo ci- nese e quello locale tibetano, alla metà degli anni Cin- quanta si attivò una guerriglia nell’Est del Tibet, sup- portata dagli Usa impegnati nell’opportunista poli- tica del contenimento del blocco comunista. La situa- zione degenerò nel 1959, quando il XIV Dalai Lama e la maggioranza dei funzionari tibetani scelsero la via dell’esilio in India. Seguirono sollevazioni che furono represse con estrema violenza. Gli anni Sessanta vi- dero l’ascesa del radicalismo ideologico, accompa- gnato da grandi difficoltà economiche e violenti at- tacchi indirizzati alla cultura e alla religione tibetana. Le tensioni etniche non si attenuarono neanche con le politiche di riforma attuate a partire dagli anni Ot- tanta. Tra il 1987 e il 1989, anno dell’imposizione della legge marziale a Lhasa, il Tibet visse la più grande ri- volta dal 1959. I decenni successivi introdussero nel dibattito politico nuovi temi, come la tutela ambien- tale, le migrazioni han nelle regioni a maggioranza tibetana, l’urbanizzazione, la marginalizzazione so- ciale e l’istruzione in lingua tibetana. Le crescenti contraddizioni sociali e le campagne contro il Dalai Lama attuate nei monasteri esasperarono le tensioni etniche fino all’esplosione della rivolta nel 2008. Da quelle rivolte si è passati alla stagione delle au- toimmolazioni (56 persone fino ad agosto 2012). Nel frattempo, nel marzo 2011, il Dalai Lama ha lasciato la guida politica dei tibetani al giovane Lobsang San- gay. Ma.C. La storia: dal 1951 al 2012 LA QUESTIONE TIBETANA gior parte dei tragici gesti e per questo ribattezzata dai tibetani la «via degli eroi». DALLA RESISTENZA NON-VIO- LENTA ALL’IMMOLAZIONE Uno degli stati d’animo mag- giormente condiviso negli ultimi anni tra gli osservatori esterni è un doloroso stupore, che fa in- terrogare sul perché i tibetani abbiano scelto la via del suici- dio, nonostante questa pratica sia generalmente condannabile dalla scuola di pensiero buddhi- sta. Per capire meglio i motivi che stanno all’origine delle im- molazioni ci sono le testimo- nianze lasciate ai vivi: semplici frasi, lettere, registrazioni, mes- saggi a volte caricati anche su YouTube dai nuovi martiri del- l’indipendentismo tibetano prima di consegnarsi alle fiamme. Pa- role spesso toccanti, che inneg- giano alla libertà, alla pace, alla vacuità della vita di fronte alle sofferenze di una nazione, all’im- possibilità di vivere un’oppres- sione senza cicatrici. Ce n’è ab- bastanza per chiedersi cosa sia cambiato negli ultimi cinque anni e perché la resistenza non vio- lenta (professata e praticata negli ultimi decenni dal XIV Dalai Lama e dal governo in esilio) abbia ce- duto il passo alle violenze del 2008 e ai suicidi degli ultimi due anni. Cercando di approfondire le pro- teste degli ultimi anni, appare evidente che le immolazioni dei tibetani rappresentino la punta di un iceberg . Dopo la rivolta del TIBET 24 MC DICEMBRE 2012 2008 le sollevazioni tibetane sono tutt’altro che cessate, malgrado la repressione ne abbia stroncato diversi focolai e sia riuscita a iso- lare il Tibet dall’esterno. Tuttavia, da ormai quattro anni, conti- nuano a trapelare notizie di ma- nifestazioni, commemorazioni e nuove detenzioni che lasciano po- chi dubbi sull’effettiva stabilità sociale in molte aree del Tibet. Le immolazioni, per via dello scal- pore che suscitano, rappresen- tano semplicemente l’aspetto più visibile di questo malcontento, quello in grado di guadagnarsi, occasionalmente, uno spazio tra le notizie di giornata. Tuttavia, tra il 2009 e il 2010, sono stati colpiti diversi strati della società tibe- tana, inclusi intellettuali e attivisti che prima dei disordini erano riu- © Flaviano Bianchini

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