Missioni Consolata - Ottobre 2012

ritto alla libertà religiosa», cioè che deve essere im- mune da qualsiasi costrizione. Missione senza affanno, con rinnovato vigore. Con tali premesse, mi pareva che l’impegno missionario della Chiesa avesse assunto una fisionomia più serena, meno preoccupata, ma sicuramente anche più impegnativa. La missione si imponeva con forza e urgenza, perché partiva dall’esplicita volontà del Signore. Ecco perché, man in mano che i documenti conciliari venivano pub- blicati, cercavo in essi quanto si riferiva alla missione. Ovviamente al centro della mia attenzione si è imposto il magnifico decreto Ad gentes sull’attività missionaria. Mi sono convinto che il Concilio abbia espresso uno slancio missionario mai registrato in antecedenza nei documenti della Chiesa. Così ho messo insieme i miei pensieri e ho pubblicato due opuscoli che allora ave- vano suscitato interesse, soprattutto presso i giovani dei seminari. I titoli erano semplici, ma indicativi: «Dot- trina missionaria del Concilio Vaticano II» e «Interro- gativi del Postconcilio sulle missioni». Con giustificata soddisfazione, poi, avevo notato al- cune precisazioni nel capitolo IV del decreto Ad gen- tes , con le quali il Concilio intendeva chiarire possibili equivoci. D’accordo che l’impegno di diffondere la fede cade su ogni battezzato, ma è pur vero che Cristo con- tinua a chiamare alcuni e li coinvolge in modo esclu- sivo nella missione. Questi sono appunto i missionari, che hanno una «vocazione speciale», un incarico «ad vitam», cioè integrale, senza riserve e per tutta la vita. CRISTIANI: FAMIGLIA DA RICOMPORRE Lo scandalo delle divisioni tra cristiani, grave impedi- mento alla credibilità dell’evangelizzazione, è stato preso in serio esame dal Concilio, definito appunto «ecumenico». Anche la prima lettura del n. 15 della Lumen gentium , intitolato «La Chiesa e i cristiani non cattolici», mi aveva impressionato. Abituato com’ero a considerare quasi insuperabili certi steccati che mar- cavano le nostre divisioni, ho provato un grande sol- lievo nel leggere che «la Chiesa sa di essere per più ra- gioni unita» con quanti sono battezzati anche se «non professano la fede integrale o non conservano l’unità della comunione sotto il successore di Pietro». Le va- rie ragioni di unità, appena adombrate nella costitu- zione, le ho poi ritrovate maggiormente illustrate nel decreto Unitatis redintegratio sull’ecumenismo. Quale sollievo e quale impegno, specialmente nel mondo mis- sionario dove la competizione tra cristiani aveva pro- dotto troppi danni. ATTENZIONE PRIVILEGIATA AL MONDO CONTEMPORANEO La costituzione Gaudium et spes sulla Chiesa e il mondo contemporaneo, è stata la vera ultima ventata d’aria fresca che il Concilio ci ha donato. Leggendo quel lunghissimo documento ho avuto l’impressione di trovarmi davanti a una biblioteca che racchiudeva te- sori di sapienza dottrinale e di sagacia pastorale. Su- bito non è stato facile entrare in quel mondo, il cui lin- guaggio era un po’ differente dai documenti fino allora pubblicati. Allora mi sono limitato a fare il proposito di impegnarmi ad approfondire la costituzione, troppo ampia per comprenderla subito e bene, nella quale in- travvedevo squarci di sereno che invitavano a oltre- passarli. Con il tempo, anche questo cammino impe- OTTOBRE 2012 MC 39 MC CONCILIO E MISSIONE gnativo almeno un po’ è stato compiuto. Non posso, però, sorvolare su un’espressione che mi ha subito conquistato e che, in seguito, ho molto valorizzato nella scuola: «L’uomo vale più per quello che è che per quello che ha». NON ERA TUTTO SEMPLICE Insegnando diritto canonico nel seminario maggiore del mio Istituto, ero a contatto con giovani attenti e in- teressati a quanto il Concilio andava proponendo. An- ch’essi seguivano e chiedevano a noi di aiutarli a matu- rare la loro comprensione. Ovviamente alcune norme disciplinari apparivano modificate dalle decisioni con- ciliari, ma non si trovava il corrispondente nella legis- lazione del codice. Come spiegarle? Ero felice di segna- lare i nuovi spazi che si erano aperti, ma non ero in grado di indicare con precisione la nuova normativa. Per questo, si sarebbe dovuto attendere il periodo post-conciliare, che poi si è svolto sotto la saggia e ferma guida di Paolo VI. Una cosa mi è rimasta im- pressa di quel periodo: i giovani, nel loro insieme, sono stati saggi nel comprendere e assimilare il valore del rinnovamento conciliare. Il famoso ’68, è arrivato dopo, quando molti giovani possedevano già il nuovo spirito del Concilio. Già allora mi ero fatto la convin- zione, confermata dall’esperienza successiva, che non avevano retto l’urto del ’68 solo coloro che non ave- vano assimilato in tempo la novità e la ricchezza dot- trinale e spirituale del Concilio. MARIA PRIMIZIA DELLA CHIESA Avevo notato con piacere la data 8 dicembre, solennità dell’Immacolata Concezione, al chiudersi della prima sessione con Giovanni XXIII e poi ancora al termine del Concilio con Paolo VI. Anche simbolicamente, il clima spirituale del Concilio, promosso dai due Sommi Pontefici, appariva mariano. Il colpo di genio, però, che ha stupito tutti, si è eviden- ziato nel capitolo VIII della Lumen gentium . Tutti aspettavamo un discorso esplicito, magari un docu- mento del Concilio sul rinnovamento della pietà ma- riana, così incisiva nella vita della Chiesa e sempre evi- dente lungo la sua millenaria tradizione. Invece un solo capitolo, addirittura l’ultimo della costituzione sulla Chiesa. All’inizio anch’io, assieme a molti altri, sono rimasto un po’ sorpreso, ma poi, rileggendo il te- sto e riflettendo meglio, tutto si è chiarito. Inserire Maria nel grande discorso sulla Chiesa significava darle il posto che per volontà di Dio le spettava. L’in- tento del Concilio era chiaro: mentre esponeva la dot- trina riguardante la Chiesa, aveva voluto «illustrare attentamente sia la funzione della beata Vergine nel mistero del Verbo incarnato e del corpo mistico, sia i doveri degli uomini redenti verso la madre di Dio, ma- dre di Cristo e madre degli uomini». La conclusione di questo prezioso capitolo VIII l’ho ritenuta come una silenziosa conferma della mia vocazione di Missiona- rio della Consolata: «La Madre di Gesù […] sulla terra brilla come un segno di sicura speranza e di consola- zione per il popolo di Dio in marcia, fino a quando non verrà il giorno del Signore». Francesco Pavese Postulatore della causa di canonizzazione del Beato Giuseppe Allamano

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